Torna il sereno sull’import export. Dopo l’epoca dei nuovi protezionismi, non certo finita, “già dal 2020 gli scambi mondiali nel loro complesso sono attesi positivi e nuovamente in accelerazione rispetto al 2019 (+2,4% la previsione)”. È una nota finalmente molto positiva quella che discende dal rapporto ‘Evoluzione del commercio con l'estero per aree e settori‘ di Ice Prometeia.

“Grazie a una crescita più intensa dell’economia mondiale nel suo complesso – si legge - il 2021 è previsto in ulteriore miglioramento con una variazione annua delle importazioni mondiali di più del 3 per cento. Sarà un tasso sufficiente a riportare sopra l’unità il rapporto fra variazione degli scambi e quella del Pil, che è in ultima analisi una delle più immediate cartine al tornasole dello stato di salute del commercio estero e delle prospettive internazionali delle imprese”.

Lo scenario è motivato da ipotesi più che plausibili, in cui le tensioni Usa-Cina e la Brexit, che tanto hanno condizionato i mercati negli ultimi anni, troveranno una dinamica di assestamento e attenuazione che non prevede un ritorno al passato, né ulteriori drammatizzazioni o, nella peggiore delle ipotesi, nuovi innalzamenti dei livelli di scontro.

“Per le relazioni del Regno Unito con gli ex partner europei – continua il rapporto - le ipotesi adottate sono per una transizione ordinata, dove l’uscita del Paese dal mercato unico avverrà senza soluzione di continuità dal punto di vista delle relazioni commerciali: un percorso decisamente meno accidentato rispetto al ben più grave scenario di hard Brexit (immediata applicazione di barriere e forte contrazione della domanda interna)”.

Sempre sul piano macro gli Stati Uniti continueranno ad accentuare, per l’Italia e per il mondo, il proprio ruolo guida, qualificandosi come il secondo mercato, dopo la Cina, per livelli di import nel 2020-2021. Ma in classifica e alle spalle, naturalmente, dell’Europa, emergeranno i nuovi livelli di crescita di India, Vietnam e Africa subsahariana, con variazioni positive a doppia cifra nel biennio a venire.

“Per l’Italia – riferisce il documento - l’elenco dei settori relativamente più dinamici (automotive, moda, chimica, meccanica) si allargherà, nel 2020, all’alimentare, un comparto il cui livello di internazionalizzazione è trainato anche da dinamiche strutturali, come l’avvicinamento e la contaminazione degli stili di consumo tra i mercati e lo sviluppo di sistemi di conservazione e tracciabilità, sempre più efficaci nel tutelare contemporaneamente l’integrità del prodotto, le sue caratteristiche organolettiche e la qualità a monte”.

Un focus del Rapporto è dedicato alle relazioni fra Italia e Cina, che diverranno sempre più solide e interessanti, nel solco di un intensificarsi generale degli scambi fra l’Europa in generale e la Repubblica Popolare. Lo dimostra, fra l’altro, il recente accordo di mutuo riconoscimento che ha riguardato le denominazioni di origine, prevedendo, per la fine del 2020, il mutuo riconoscimento di 100 specialità dell’alimentare e delle bevande (leggi altro articolo di Distribuzione Moderna).

Le relazioni commerciali fra la nostra Penisola e la Cina sono destinate a un significativo cambio di velocità del presidio italiano: “Si passa dalla collaborazione industriale fra le imprese delle due nazioni in Paesi terzi, alla possibilità per l’Italia di entrare con le proprie specializzazioni premium là dove l’offerta mass market cinese ha già fatto da apripista, come nel caso dei mercati africani o di Paesi lungo la via della seta. Si tratta, in questo caso, di trasformare una minaccia apparente, lo strapotere cinese in alcuni mercati, in una possibile opportunità, come l’ingresso complementare dell’Italia in una diversa fase della filiera, o in segmenti di maggior qualità dello stesso mercato”.

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