di Luca Salomone

Torna in presenza, a Verona, Vinitaly, da oggi, 10 aprile, fino mercoledì, 13 aprile, per accogliere 4.400 aziende espositrici da 19 nazioni, dopo due anni di stop causa Covid. Fra i dati chiave: 700 top buyer esteri da 50 Paesi, più di 30 convegni e 76 degustazioni.

In contemporanea Sol&Agrifood, il salone internazionale dell’agroalimentare di qualità, ed Enolitech, dedicato alle tecnologie per la produzione di vino, olio e birra.

Tutto bene per l'export

Come si muove il settore, che con i suoi 14,2 miliardi di euro, rappresenta uno dei motori del nostro agroalimentare? Le vendite estere 2021 hanno fatto segnare un record, pari 7,11 miliardi di euro con una crescita del 12,4% su base annua, il che ha permesso un generoso recupero sul -2,2% del 2020, secondo l’Osservatorio Qualivita Wine, elaborato a partire dai dati Istat.

Fra le principali destinazioni, gli Stati Uniti, che, con 1,72 miliardi di euro assorbono il 24,2% del made in Italy e una variazione positiva del 18,4% sul 2020, la quale amplia e consolida il +12% del 2019. Prosegue l’andamento favorevole anche negli altri mercati, come Germania, Regno Unito, Svizzera, Canada, Paesi Bassi, Francia e Belgio.

Tra inflazione e guerra

In tutto questo si inserisce un primo forte elemento di inquietudine, la Russia, che, con 149 milioni di euro di importazioni dall’Italia, prevalentemente di spumanti, è stata, lo scorso anno, il dodicesimo mercato di destinazione del nostro vino, con una crescita del 18,4% sul 2020. Uno scacchiere complesso, anche prima del conflitto, nel quale l’Italia è riuscita, però, a imporsi come leader, con una quota import del 30%, grazie una crescita del 91% in cinque anni.

Aggiungendo l’Ucraina un’altra fonte, molto accreditata, Nomisma Wine Monitor, arriva a un dato più elevato, però all’acquisto, di circa 400 milioni di euro.

«Al di là delle cifre, il contraccolpo del conflitto – osserva Nomisma - si riverbera soprattutto sui singoli vini: nel caso dell’Asti, per esempio, Russia e Ucraina pesano congiuntamente per oltre un quarto delle vendite estere, mentre, per altri grandi prodotti europei, che pure sono top exporter, gli impatti risultano marginali: per il Cava spagnolo o i Cremant francesi, l’incidenza di questa area, infatti, è soltanto del 2 per cento».

Si somma l’effetto congiunto dell’inflazione su parecchie materie prime, come i materiali da imballaggio, sui carburanti e, dunque, sull’energia e la logistica, un peso che la guerra non fa che accentuare.

Un recente studio di Censis e Alleanza cooperative agroalimentari vino, stima il possibile impatto in 1,1 miliardi di costi aggiuntivi per la filiera, una cifra davvero paurosa che rischia di diminuire la competitività della nostra enologia, anche se in modo relativo, visto che tutti i grandi Paesi produttori europei devono fare i conti, più o meno, con gli stessi problemi.

La Gdo a conti fatti

Abbastanza bene per i consumi interni, che tuttavia, almeno nel retail, scontano un boom 2020 che ha portato, sempre a causa della pandemia, enormi discontinuità all’Horeca.

Come è emerso da un Webinar organizzato, a metà febbraio, da Verona Fiere, i dati Iri parlano di una chiusura 2021 con una flessione, in Gdo, del 2,2% nei volumi, negativo verso il 2020 ma positivo rispetto al 2019, anno pre-pandemico e quindi vero termine di paragone.

Le bollicine, invece, hanno fatto registrare – sempre nel mass market - una crescita straordinaria, del 18,1% a volume, trainate dal Prosecco.

Se analizziamo i dati a valore troviamo, però, che il vino è cresciuto del 2,1% e le bollicine del 20,5%. Complessivamente la Dmo totalizza un giro d’affari vincolo di 3 miliardi di euro (dati Ir, ipermercati, supermercati, liberi servizi, discount e online).

L’incertezza sul futuro, e la riduzione del potere di acquisto, hanno condizionato negativamente anche gennaio 2022, svantaggiato però da un confronto con un gennaio 2021 che aveva fatto registrare una crescita molto decisa: il vino a volume scende, sul corrispondente, del 7% e quello delle bollicine dell’1 per cento.

Contrazione? Probabilmente sì, anche se è presto per dirlo. Una prima risposta verrà proprio dal Vinitaly, dove Iri presenterà i dati del primo trimestre, che conteggeranno i rincari e l’effetto del ritorno alla normalità del fuori casa.