Sopexa, agenzia di origine francese, specializzata nel food & drink a livello internazionale, ha presentato i risultati di Wine Trade Monitor 2018, lo studio internazionale dedicato all’enologia, che ne delinea le prospettive.

I vini di Francia restano imprescindibili per 9 professionisti interrogati su 10. Seguono i prodotti italiani (76%) e spagnoli (71%). Parallelamente acquistano importanza alcuni competitor, indicati dal 45 al 56% degli operatori, guidati da Cile, Australia e Stati Uniti.

Le bottiglie italiane guadagnano terreno e il nostro Paese è indicato, dal 41% degli addetti ai lavori, fra le zone d’origine le cui vendite progrediranno maggiormente da qui al 2020. Ciononostante, per un operatore su due, nel 2017 e per il prossimo biennio la Francia manterrà ancora il proprio vantaggio, in particolare negli Stati Uniti, Hong-Kong e Belgio.

L’indagine mostra una relativa fragilità del prodotto francese sui mercati cinesi e canadesi, dove sarà sempre più messo in difficoltà dal made in Italy.

Ma quali vini troviamo e in quali Paesi? È in Canada che i francesi ottengono il migliore risultato: il 56% degli addetti ai lavori attribuisce loro un posto nella top 3 delle origini che incrementeranno maggiormente.

I prodotti italiani, secondo quanto indicato dal 42% dei soggetti, guadagnano in termini di visibilità in Cina, dove fanno la propria entrata fra i tre migliori aumenti di vendite previsti al 2020.

Immagine & reputazione: in generale, e per il 64%, è ancora l’origine Francia che riporta la migliore performance, distanziandosi nettamente dai concorrenti. Si rileva però un appannamento proprio in Cina e Canada. La Spagna e il Cile si distinguono per quanto riguarda parametri come i buoni prezzi e la collocazione nella fascia dei prodotti da tavola, davanti all’Italia che, invece, sembra riportare buoni riscontri nell’ambito dell’innovazione.

Nei formati i consumatori asiatici restano particolarmente legati al vino in bottiglia e il 66% degli operatori locali prevede la più alta crescita per la mezza bottiglia e le altre confezioni piccole. Per contro, in Nord America, più del 40% scommette sul bag in box, ma anche sulle lattine.

Ben accolti dagli orientali i packaging e le etichette smart, che però non convincono l’America del Nord. Opposto il parere degli asiatici: il 75% dei giapponesi e il 54% dei cinesi reputa che le confezioni tracciabili siano un mezzo per rassicurare il consumatore, ormai iperconnesso.

Da notare che i vini bio, per la prima volta, sono nella top 3 delle categorie più promettenti per oltre il 35% degli operatori (esclusi Cina e Hong Kong). La denominazione regionale, dal canto suo, fa vendere e resta globalmente il vero criterio di valorizzazione da oggi al 2020.