di Luca Salomone

Alla fine il Tribunale delle grandi istanze di Parigi ha dato ragione a Intermarché, nella causa intentata da Unilever.

Non c'è scandalo

Ma andiamo con ordine: nello scorso mese di gennaio la multinazionale inglese si è sentita ingiuriata per alcuni cartelli, esposti dal distributore in molti punti vendita, che l'accusavano, con sferzante ironia, di shrinklfation, ossia di avere ridotto il peso dei prodotti, mantenendo costanti i relativi prezzi. Dunque ha portato l’insegna davanti alla Magistratura, ravvisando, nelle affissioni, una pratica commerciale scorretta.

L’organo di giustizia, convocato in prima udienza il 31 gennaio, ha ritenuto poi infondata la protesta, sentenziando, come riferisce il quotidiano Lsa, che "anche se le critiche di Intermarché possono sembrare dure, la formulazione dei manifesti contestati non è scandalosa e si fonda su un impianto fattuale sufficiente, il quale si incanala, per giunta, in un dibattito di interesse generale sulle attuali pratiche di ‘reduflation’ (sgrammatura) e sugli aumenti di prezzo ingiustificati da parte di alcuni produttori".

Al momento, riporta la stampa locale, Unilever non ha ribattuto e neppure annunciato ricorsi.

Duello ad armi pari

E ora le dimensioni dei contendenti, che giocano quasi a pari merito: Intermarché, con circa 1.830 punti vendita, appartiene a Groupment les Mosquetaires, dunque, a una costellazione che, fatte le debite addizioni, sviluppa 4 mila negozi in Europa per un giro d’affari consolidato di 54,4 miliardi di euro, con un incremento del 2,3 per cento (dati 2022, comunicati il 21 febbraio 2023).

Unilever, nel bilancio 2023, reso pubblico l’8 febbraio 2024, evidenzia un fatturato di 59,6 miliardi di euro, in crescita del 5,7%, comprese le oscillazioni valutarie e dell’1,7% a cambi costanti.

Nello stesso periodo le vendite in volume sono rimaste in positivo (+0,2), mentre quelle in valore sono aumentate di 7 punti, con un delta pari allo 0,2% nei dodici mesi. L’aumento dei prezzi Unilever si è attestato, quindi, al 6,8 per cento.

In tutto questo i 30 ‘power brands’, o marchi principali (circa 75% del fatturato) – il totale è intorno ai 400 - hanno determinato un rialzo (delle vendite in valore) dell’8,6 per cento.

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