Il food non è una locomotiva solo per gli italiani, come dimostra la svolta di Marks & Spencer. La storica catena di grandi magazzini britannica, fondata a Leeds nel 1884 e famosa nel mondo per l’eleganza dei suoi capi di abbigliamento, ha così reso noto ieri, 20 aprile, un piano di inaugurazioni semestrale di 36 nuovi punti vendita in Patria, di cui 34 interamente dedicati all’alimentare.
Non solo: i due Pdv restanti ospiteranno ancora vestiti e accessori, ma la proposta commerciale verrà integrata con i casalinghi e con un forte reparto cibi & bevande. Sempre in un semestre verranno dilazionate 6 chiusure.


La manovra è frutto di quanto annunciato, già alla fine del 2016, dal nuovo direttore generale del gruppo, Stewe Rowe, il cui piano strategico quinquennale parte appunto dal food & beverage che, è attualmente il reparto a più alta redditività al quale, alla fine del piano strategico, saranno dedicati in esclusiva ben 200 esercizi commerciali.
Quanto al non food, cuore storico dell’insegna, oltre alle chiusure – una sessantina a regime specie nel Regno Unito, in Cina e Francia - Rowe prevede un riposizionamento tramite il lancio o il restyling dei punti di vendita più grandi, destinati a trasformarsi in format più piccoli e accoglienti.


“Le abitudini di acquisto dei nostri clienti stanno cambiando – ha dichiarato Rowe -. Il consumatore vuole oggi comprare soprattutto cibi e bevande, in una fascia oraria sempre più ampia e senza fare troppe distinzioni sul luogo di acquisto, che può essere indifferentemente il supermercato o Internet. Quindi siamo impegnati in un processo di adattamento, sintonizzato evidentemente sul nostro pubblico”.


Forte di 1.380 punti vendita, di cui 468 all’estero, in Africa, Asia ed Europa (una trentina di Paesi presidiati) il gruppo ha fatturato nel 2016, 10,4 milioni di sterline, pari a oltre 12 miliardi di euro. Più della metà dei ricavi, per un totale di 5,4 miliardi di sterline, è già dovuto all’alimentare, che presenta un tasso di crescita del 3,6 per cento.
Secondo i giornali inglesi, M&S, oltre al minore interesse per l’abbigliamento, ha dovuto scontare un’erosione della redditività legata alla Brexit, che, dal referendum in poi, ha visto la moneta britannica perdere il 17,5% rispetto al dollaro. A partire da gennaio il gruppo ha addirittura dovuto alzare il prezzo di molti prodotti del 15 per cento circa.