La notizia: l’Apple Store situato all’interno del centro commerciale I Gigli, di Campi Bisenzio, il primo in Toscana,  ha aperto ufficialmente al pubblico il 13 agosto. Il successo è stato folgorante, tanto che gli addetti hanno accolto nel nuovo negozio oltre un migliaio di persone. E’ una conferma della grande risonanza che hanno tutte le iniziative della casa della mela, che ci ha abituato in questi anni a eccezionali performance, ottenute senza spendere, almeno in Italia, nemmeno un euro in pubblicità classica.

Una conferma degli straordinari risultati della major di Cupertino vengono dai dati di carattere finanziario. Nel quarto trimestre dell’anno fiscale 2010, conclusosi il 25 settembre dello scorso anno, l’azienda ha realizzato un fatturato record di 20,34 miliardi di dollari e un utile netto trimestrale di 4,31 miliardi di dollari, pari a 4,64 dollari per azione diluita. Questi trend si raffrontano con quelli dello stesso trimestre del 2009, in cui la società aveva registrato un fatturato di 12,21 miliardi di dollari e un utile netto trimestrale di 2,53 miliardi di dollari, pari a 2,77 dollari per azione diluita. Il margine lordo è stato del 36,9%, rispetto al 41,8% registrato nello stesso trimestre di un anno fa. Le vendite internazionali hanno rappresentato il 57% del fatturato.

Apple ha sfornato 3,89 milioni di computer Mac durante il trimestre, dato che rappresenta una crescita in unità del 27%. L’azienda ha venduto 14,1 milioni di iPhone durante il trimestre, dato che rappresenta una crescita in unità del 91% sul corrispondente. Inoltre ha venduto 9,05 milioni di iPod e 4,19 milioni di iPad.

Eppure nel mondo informatico Apple è tutto sommato in minoranza rispetto ai pc basati su architetture Microsoft Windows: il sistema operativo Mac Os X ha una quota di mercato del 5,59%. Ma certo gli utenti Mac sono dei fedelissimi che non rinuncerebbero mai al proprio computer preferito.

Successi, che hanno portato il marchio della mela oltre i confini del puro mondo informatico, sono stati in questi anni iPod, lettore mp3 lanciato nel 2001, iPad, il tablet pc proposto nel 2010 e giunto già nel 2011 alla seconda versione e iPhone. Tutti hanno un prezzo relativamente più alto rispetto alla concorrenza, eppure vanno a ruba. Per il quarto trimestre del 2011 iPad dovrebbe raggiungere i 22 milioni di pezzi venduti. A ogni lancio di prodotto i negozi sono presi d’assalto e saccheggiati, mentre i pezzi in offerta, regolarmente inferiori alla domanda, vanno puntualmente in rottura di stock.

IPod, iPad e iPhone, oltre a essere veri prodotti di culto, hanno contribuito notevolmente a familiarizzare anche l’utenza cresciuta sotto il segno di Windows con i prodotti Apple. Dunque il target potenziale della casa di Cupertino si è enormemente allargato. E intanto si parla già di un televisore targato Mac.

Domandiamoci quale può essere il motivo di una sequela di vittorie di mercato che pare inarrestabile. Ebbene: Apple ha saputo creare intorno a sé una vera mitologia, è stata in grado di sedimentare qualcosa che va oltre la “fedeltà di marca” e che può essere definita senza mezzi termini vero amore. Amore per un prodotto che funziona sempre in modo impeccabile e che ha anche il sottile gusto della trasgressione, in quanto in fondo chi acquista un pc della mela vuole in qualche modo distinguersi dalla massa, uscire dal coro di quelli che “si accontentano” dei classici personal computer Windows based.

Ma come si crea un mito? Difficile dirlo. E’ un processo lunghissimo fatto in parte di fattori emotivi, di passaparola e, perché no?, di azzeccate formule di marketing. Altri marchi, oltre a Apple, presentano questo fenomeno: da Coca-Cola a Marlboro, da Levi’s a Diesel, da Microsoft stessa a Lacoste, tanto per citare a caso. Come definire, se non come marketing, la divisa indossata dal patron di Apple, Steve Jobs, che veste da sempre nel medesimo modo, con dolcevita nero e jeans Levi’s 501? E del resto fa lo stesso il nostro Giorgio Armani, con la sua eterna t-shirt bianca abbinata a semplici jeans.

E proprio le dimissioni di Jobs il 29 agosto dalla carica di amministratore delegato hanno suscitato reazioni di profondo cordoglio, quasi di disperazione, tra i fan della mela, e preoccupazioni sui mercati finanziari, in quanto si teme che l’immagine di Apple sia troppo sovrapposta con quella del suo padre-fondatore.

Jobs, che sta lottando da otto anni contro un implacabile nemico, un tumore al pancreas, ha del resto fatto quanto aveva promesso. Scrive nella propria mail di saluto: “Ho sempre detto che se fosse venuto un giorno in cui non avrei più potuto svolgere i miei doveri e rispondere alle vostre aspettative come amministratore delegato, sarei stato il primo a farvelo sapere: sfortunatamente quel giorno è arrivato. Mi dimetto dalla mia carica”. Nel contempo lo sfortunato manager dimostra note ottimistiche, quando scrive: “Credo che i giorni più luminosi e innovativi di Apple siano da venire. E spero di vederli e potervi contribuire in un nuovo ruolo”.

Come sarà il dopo Jobs nessuno osa pensarlo, se non che forse, con un po’ di cinismo, si può affermare che la prematura scomparsa del genio che ha fondato una delle principali aziende americane, potrebbe ulteriormente alimentarne il mito.