Tanto rumore per nulla. La notizia della vendita di carne halal in un ipercoop romana ha finito per scatenare una serie di polemiche, a nostro avviso, totalmente ingiustificate. Tutto ha preso il via alcuni giorni fa, con la lodevole iniziativa di Unicoop Tirreno di mettere in commercio, nell’ipermercato presente all’interno del centro commerciale Casilino (periferia est della Capitale, in una zona ad alta densità di immigrati) un’offerta di carni macellate secondo i dettami della tradizione islamica.

In una nuova area del punto vendita, contraddistinta dallo slogan “La Coop sei anche tu!”, è stata proposta una linea di carni (sette referenze bovine, una di agnello, una di pollo, cinque tipi di salumi) che oltre agli standard qualitativi della filiera Coop possiede tanto di certificazione religiosa da permetterne il consumo anche ai consumatori di fede musulmana. Una iniziativa a cui Unicoop Tirreno ha voluto dare una certa enfasi, chiamando all’inaugurazione del reparto alcuni rappresentanti della comunità islamica d’Italia e accompagnando la promozione di questa nuova offerta, almeno durante le prime settimane, con la presenza di commesse arabe avvolte dal velo per fornire informazioni alla clientela.

Ebbene, complice anche l’eco dato all’iniziativa da molti organi di stampa, dopo soli pochi giorni dal via hanno cominciato a piovere proteste a non finire. Tanto che Coop ha dovuto intervenire con un comunicato stampa ufficiale per spiegare e chiarire le proprie posizioni. Il motivo di tanto clamore, pare, è riconducibile alle modalità di macellazione del metodo halal (che in arabo significa “lecito”): il bovino, secondo la tradizione, viene infatti ucciso, senza alcun tipo di stordimento preventivo, attraverso la recisione della giugulare e il totale dissanguamento.

Una pratica definita «barbara» e «incivile» da molti consumatori e giornali “sensibili”. E che ha indotto Carla Rocchi, presidente nazionale dell’Enpa (l’ente nazionale protezione animali) a invitare al boicottaggio, indignata per il fatto di arrecare con questo sistema atroci sofferenze agli animali. Orbene, con tutto il rispetto che possiamo nutrire nei confronti degli animalisti, non crediamo tuttavia che le fettine e gli hamburger che i consumatori di fede non islamica gustano ogni giorno a casa, nei ristoranti o nelle mense provengano da bovini che di sofferenze non ne hanno subite. Basterebbe farsi un giro in qualsiasi macello per farsi un’idea precisa la riguardo.

In ogni caso, come si diceva
, Coop si è sentita in dovere di correre ai ripari per spiegare come stanno le cose. «La preoccupazione di limitare al massimo le sofferenze degli animali in fase di macellazione – si legge in una nota - è anche nostra. Infatti la condizione imprescindibile che abbiamo posto per rispondere alle richieste di nostri clienti di fede musulmana è riuscire a conciliare le loro tradizioni con i nostri impegni di maggior rispetto degli animali». In altre parole, Coop ha posto come conditio sine qua non la procedura di stordimento preventivo dei bovini. E l’Imam che presiede alla macellazione ha dichiarato il tutto conforme al rito islamico.

Storia chiusa. Che presumibilmente diverrà però sempre più diffusa e di attualità. Fino a diventare un fatto normale, come avviene in molti altri paesi europei, dove l’integrazione di etnie diverse è già stata avviata da tempo. Un esempio su tutti. In Francia, ormai da diversi anni, nell’ambito dell’MDD, la fiera di riferimento per quel che riguarda le marche commerciali (l’omologa, per intenderci, della fiera Marca di Bologna) vi è un padiglione interamente dedicato proprio all’offerta di alimenti halal. A marchio d’insegna.