"Il territorio è ormai saturo e non offre opportunità a chi non ha i mezzi per sfruttarle: nei prossimi anni assisteremo a un incremento di concentrazione dell'intera rete distributiva. A vantaggio di chi, è ancora da scoprire": a scriverlo è Nielsen Featured Insights, in un articolo di sintesi sulla "Guida Nielsen al largo consumo", edizione primo semestre 2011.

Insomma, a metterla sulla bilancia, questa benedetta gdo appare dimagrita e un po' sofferente. Dire di chi è la colpa di questa dieta è un po' difficile. Sicuramente hanno pesato diversi fattori, dalla recessione economica, a un eccessivo numero di autorizzazioni che, essendo spesso in ritardo, hanno finito poi per scaricarsi tutte insieme su un dato periodo, a un nuovo atteggiamento del consumatore che tende a disertare i superstore e gli ipermercati di periferia e a riversarsi sui punti di vendita di prossimità, punti di vendita che però, quando non soddisfano le aspettative vengono allegramente abbandonati.

Se per vari anni lo sviluppo del dettaglio moderno è stato supportato dalle nuove aperture, oggi non è più così e al +4,1% del 2007, fa da contraltare uno smilzo +1,1% fatto segnare fra gennaio e giugno, mentre il totale rete (iper, super, discount, superette) incassa una perdita di 471 unità e si piazza a quota 29.011 esercizi.

A soffrire di più sono i cosiddetti "liberi servizi", ossia i minimarket o superette, comunque si voglia chiamarli, piazzati sovente in zone strategiche come i centri storici. Un format di prossimità sul quale gli operatori in questi ultimi tempi hanno investito molto, ma che invece ha perso, nei 12 mesi terminanti a giugno 2011, ben 1.113 negozi, dato non compensato dalle inaugurazioni, che sono state appena 548. Il saldo è dunque pesantemente negativo, con una perdita di metri quadrati che Nielsen quantifica nel 3,2%. I motivi? "Ciò che emerge in modo molto evidente - scrive il leader delle ricerche di mercato - è che non siamo di fronte a una crisi di canale, ma piuttosto a un inasprimento della competitività. La location, infatti, pur essendo un fattore determinante, non è la sola a contribuire al successo del punto vendita: livello di prezzi, promozioni aggressive e interessanti, sono fondamentali per attirare un cliente che sceglie il negozio di vicinato". Sovente il minimercato, piccola impresa familiare, non è in grado di assicurare gli investimenti necessari a garantire il soddisfacimento di questo mix di domanda e deve cedere il passo a formule non familiari, sostenute a livello centrale da potenti insegne distributive.

In sofferenza anche l'ipermercato. Se di per sé la superficie è aumentata del 3,4% con 29 aperture, dovute più che altro allo scattare simultaneo di autorizzazioni commerciali che erano state invece presentate in periodi disomogenei, la redditività cala. Il consumatore non è più attratto dalle cattedrali del commercio, lo spesone del sabato e della domenica è troppo oneroso, se si aggiunge il costo della benzina per arrivare alla meta e il fatto che comunque lo sterminato assortimento è foriero di spese non programmate che alzano lo scontrino medio. Meglio rinunciare. E così i big della gdo stanno ripiegando verso formati più piccoli, come i superstore, che fra l'altro entrano molto meno nel mirino dei cosiddetti kategory killer, ossia le grandi superfici specializzate.

L'unico a godere di ottima salute è il discount, che progredisce del 2,3% in un anno dal punto di vista delle superfici e che, soprattutto in Meridione, esce dal ghetto di semplice supporto ad altri negozi, supporto riservato ad alcuni acquisti banalizzati: carta casa, stoviglie monouso, saponi ecc. Oggi il discount è in grado, invece, di risolvere il 100% della spesa.

Ammesso che in questo Dedalo di cifre e trend ci sia una morale della storia, questa morale rimanda in un certo senso al format del futuro, che dovrà essere piccolo, conveniente, aggressivo, pieno di servizi, disposto al continuo rinnovamento, vicino alle case dei consumatori. Chi non è pronto a investire su questo mix rischierà alla fine di dover passare la mano a competitor più in gamba.