Tutti in fiera a Bologna il 20 e il 21 gennaio. Riflettori puntati sulla marca commerciale. La manifestazione fieristica italiana dedicata alle private label, giunta alla sesta edizione, è l’occasione non solo per incontri e confronti tra rappresentanti delle catene di distribuzione e copacker italiani e stranieri, ma anche per fare il punto sull’andamento dei prodotti a marchio d’insegna. Una categoria caratterizzata da un trend già molto positivo che la crisi economica del 2009 ha ulteriormente rafforzato.

C’è naturalmente molta attesa per conoscere i risultati del Rapporto annuale sull’evoluzione del prodotto a marchio commerciale, risultati che verranno presentati nel giorno di apertura della fiera Marca. Lo studio, in particolare, analizza i principali indicatori della quota di mercato della private label a livello europeo, l’evoluzione del mercato italiano, le politiche di marketing promosse dalle insegne a sostegno della marca commerciale e i trend a livello di innovazione, marketing e supply chain frutto delle strategie dei copacker. Insomma, informazioni preziose non solo per i retailer, ma anche per l’industria, specie quella di marca, la più colpita – nonostante dichiarazioni sdrammatizzanti in tal senso da parte delle principali industrie produttrici – dall’inarrestabile crescita delle marche commerciali.

Nel nostro paese, del resto, l’incidenza di questi prodotti sul totale delle vendite generate dai prodotti di largo consumo nei vari canali della distribuzione moderna dovrebbe attestarsi intorno al 14%. Questa almeno la percentuale indicata da un recente studio del Cermes-Bocconi. Il che non è male se si considera che tale quota era del 12,2% nel 2007 e del 12,8% nel 2008. Certo, la crisi economica dello scorso anno ci ha messo del suo. Ma va ricordato che vi sono catene nelle quali questa share superava abbondantemente il 20% già prima dell’inizio del periodo di austerità nei consumi. C’è persino chi azzarda incidenze più consistenti delle marche private in l’Italia, come PLMA International, che stima un peso addirittura del 17%.

Cifre a parte, quello che è certo è che il futuro di questi prodotti è assai roseo. Le ragioni sono evidenti. Innanzitutto basta fare un confronto con gli altri paesi europei per rendersi conto che l’Italia rappresenta ancora il fanalino di coda quanto a sviluppo dei prodotti a marchio d’insegna. Sugli scaffali dei supermercati di molti paesi europei i prodotti contrassegnati dai marchi del distributore vantano una quota di mercato di almeno il 30%. E stiamo parlando della media del pollo. In due paesi, il Regno Unito e la Svizzera, un prodotto venduto su due è ormai a marchio d’insegna. Germania, Belgio e Austria veleggiano verso il 40%. Spagna e Francia hanno abbondantemente superato la media europea. Come si vede, quindi, ci sono ancora molti margini di sviluppo per il mercato italiano.

I distributori, del resto, ci credono. E non potrebbero fare altrimenti. Schiacciati dal calo delle vendite a parità di rete e dalla progressiva erosione della marginalità, non possono che cercare sbocchi nella ricerca di format innovativi, nell’arricchimento della propria offerta con una rosa sempre più ampia di servizi (daI carburanti alla telefonia, dai prodotti parafarmaceutici a quelli assicurativi), nonché proprio nello sviluppo dei prodotti a marchio commerciale.

Non è un caso che tutte le catene distributive abbiano uno o più marchi per la propria offerta private label. Così come che l’offerta vada evolvendosi sia in direzione dell’arricchimento assortimentale, con una presenza che ormai ha raggiunto una penetrazione pressoché assoluta nelle varie categorie merceologiche, sia in termini di segmentazione, con il forte sviluppo di marchi commerciali che identificano un’offerta di prodotti premium, piuttosto che biologici, surgelati o equosolidali.

Non da ultimo, conta il crescente gradimento da parte dei consumatori. Pare che nel 2009 molte catene abbiano registrato incrementi a doppia cifra nelle vendite di prodotti a marchio. Crisi economica a parte, va riconosciuto che i distributori hanno lavorato bene su questo fronte negli ultimi anni. Tanto che ora, le private label, la concorrenza ai prodotti delle grandi marche la fanno davvero. E non solo sul piano della convenienza.

Secondo lo studio
del Cermes-Bocconi, il 67,9% delle famiglie italiane intervistate nell’ambito della ricerca sui prodotti delle marche commerciali afferma che in molte categorie questi sono sempre più simili a quelli delle marche industriali, hanno ormai migliorato la qualità (50,7%), sono diventati più numerosi (60,8%) e soprattutto sono offerti più spesso in promozione (70,5%).