La precisazione diffusa dall’onorevole Paolo De Castro, presidente della Commissione europea agricoltura, a proposito degli oli d’oliva deodorati ha da una parte rasserenato l’opinione pubblica sulla soluzione futura del problema, ma dall’altra ha aggiunto benzina sul fuoco per quanto riguarda la sicurezza alimentare e la capacità degli organismi di tutela di intervenire con tempestività di fronte a casi del genere che creano sconcerto tra i consumatori.

De Castro, nel confermare l’entrata in vigore dal 1° aprile del controllo stabilito dal nuovo regolamento Ue 61/2011 che segnalerebbe l’eventuale illecita manomissione delle caratteristiche qualitative del prodotto, non minimizza le dimensioni del problema estesosi evidentemente... a macchia d’olio. Tutt’altro: “La sempre maggiore diffusione sul mercato di olio deodorato è causa di forte distorsione di concorrenza”. E insiste: “Bottiglie spacciate per olio extra-vergine d’oliva sono vendute a prezzi bassissimi. Uno svantaggio enorme per i tanti produttori onesti, che realizzano olio d’oliva di qualità sopportando ingenti costi produttivi, e un danno per i nostri cittadini inconsapevoli di consumare un olio che non ha le caratteristiche qualitative e organolettiche ricercate”.  

Sembra incredibile come gli scandali alimentari tendano a ripetersi nel nostro paese e che da più parti si forniscano consigli che paiono volerne trarre profitto quando si afferma che un comportamento da adottare sarebbe quello di acquistare oli di prezzo medio-alto.

Perché nel mirino è finito quel livello di 3 euro al litro che nei supermercati di tutta Italia è ormai diventato il valore di riferimento dell’extravergine standard, cioè non Dop né frutto di lavorazioni particolari, più nobili, come quell’etichetta che promette un prodotto non derivato dalla spremitura “anche” dei noccioli, come normalmente si fa.

Insomma, comprate olio caro e starete più tranquilli è il messaggio inviato ai consumatori che già frastornati si domandano se l’olio di marca che finora hanno acquistato a 3 euro era olio dannoso per la salute. Tutto ciò riporta alla memoria un’efficace vignetta di Altan pubblicata nell’86 in pieno scandalo metanolo, quello che costò la vita a 23 consumatori di vino. La vignetta ritraeva un oste con un fiasco in mano nell’atto di porgerlo a un acquirente mentre gli diceva: “Ecco, prenda questo, gli ho aumentato il prezzo personalmente”.

Ancora la parola a De Castro: “La chiave per capire se un olio è stato deodorato è rappresentata dal contenuto di etil esteri e di metil esteri degli acidi grassi. Un importantissimo parametro che ha un duplice vantaggio. Da un lato garantisce una migliore qualità degli oli extravergini, dall’altro consente di contrastare l’impiego di oli deodorati, che sono ottenuti con materia prima scadente”.

A verificare l’efficacia del controllo sul contenuto degli alchil (il termine scientifico che comprende gli etil e i metil esteri degli acidi grassi) negli oli d’oliva come marcatori della qualità è stata una ricerca dell’Università di Bologna finanziata da Coop, i cui risultati avevano destato scalpore: “Volevamo capire come selezionare i fornitori dei nostri prodotti a marchio - racconta Claudio Mazzini, responsabile sostenibilità e innovazione di Coop - e saltò fuori che gli oli extravergini il cui prezzo era sistematicamente molto basso avevano un contenuto di alchil esteri eccessivo, nonostante non presentassero l’odore sgradevole che avrebbero dovuto avere. Da qui il sospetto dell’avvenuta deodorazione”.

“Una pratica utilizzata - spiega Giovanni Lercker che ha condotto le analisi dell’Università di Bologna - per eliminare proprio quei cattivi odori generati dalla cattive condizioni delle olive avviate alla spremitura”. I frutti raccolti a maturazione avanzata, magari caduti in terra dalle piante e non raccolti rapidamente, oppure ammassati nei depositi dei frantoi in attesa della spremitura (davanti ad alcuni impianti talvolta si formano mucchi di olive alti diversi metri ed è facile immaginare cosa accade a quelle più vicine a terra che sopportano l’enorme peso di quelle sopra) fermentano prima della dovuta lavorazione e si riempiono di microrganismi che sviluppandosi sempre più nel tempo di attesa ne rovinano le qualità organolettiche innescando la formazione degli ormai famosi alchil esteri.

“La Comunità europea - aggiunge Lercker - ha stabilito che un olio extravergine non deve avere un livello di alchil esteri superiore alle 75 parti per milione, limite accettato anche dalla Spagna che è il maggior produttore mondiale di olio d’oliva e quello che più risente del problema anche a causa dell’invenduto di questi anni che i produttori cercano di smaltire. Si tenga tra l’altro presente che il gusto spagnolo accetta oli il cui odore non sarebbe gradito dal consumatore italiano e già questa differenza è stata d’ostacolo nello stabilire i parametri fissati dal Regolamento Ue”.

Un livello troppo alto di alchil esteri, dunque, dal 1° aprile declasserà l’olio d’oliva a vergine anziché extravergine, anche se la deodorazione potrà essere ipotizzata, ma non dimostrata. Spiega ancora Lercker: “Il trattamento elimina l’odore sgradevole, non il contenuto di alchil esteri che può essere ridotto in seguito alla miscelazione con una partita d’olio di miglior qualità per ottenere una media accettabile dal consumatore ignaro. Ritengo che in questo quadro l’atteggiamento delle catene della distribuzione moderna giochi un ruolo fondamentale. Saper dire no agli oli di qualità mediocre andrà a vantaggio del pubblico”.

Ma bisogna nutrire dubbi anche sui prodotti di marca che spesso vengono “promozionati” a 3 euro al litro? “No - risponde deciso Mazzini - si tratta di iniziative definite nel tempo in base a strategie di marketing che nulla hanno a che vedere con gli oli d’oliva venduti per extravergini a prezzi costantemente molto bassi”. Il prezzo di listino delle marche, mediamente, è proprio intorno ai 6 euro, cioè il doppio del livello del quale dubitare se mantenuto in continuazione.

Non bisogna però dimenticare che i consumatori più oculati, quelli che osservano e valutano con l’attenzione imposta dalla ridimensionata capacità di spesa i listini dell’olio extravergine d’oliva, hanno potuto a lungo fare scorta a 3 euro al litro perché quando finiva l’effetto della campagna sconti di una marca iniziava tosto quella di un’altra. È così che nella loro mente si è consolidata la percezione che 3 euro al litro fosse ok, il prezzo giusto.

Un carico pesante sulla questione l’ha calato Coldiretti intervenendo con un suo comunicato. Volendo prendere le parti dei suoi associati, i coltivatori italiani, l’organizzazione punta il dito sulle potenziali contraffazioni: “La messa in commercio di olio di bassa qualità è una delle ipotesi che potrebbe giustificare la vendita di extravergini a prezzi irrisori che non basterebbero neanche a coprire le spese di raccolta delle olive in molte regioni. Un pericolo per i consumatori ai quali la Coldiretti consiglia di scegliere i prodotti che presentano il miglior rapporto qualità-prezzo, ma non inferiore ai 6 euro al litro e che riportano in etichetta l’origine nazionale delle olive senza affidarsi esclusivamente ai grandi marchi che spesso sono in realtà di proprietà straniera”. E ancora a proposito del Regolamento 61/2011 che introduce la valutazione del parametro dei metil ed etil esteri degli acidi grassi: “Purtroppo entrerà in vigore dal 1° aprile. Gli oli imbottigliati prima avranno una scadenza di 18 mesi”. E resteranno sul mercato.

Antonio Massa