Cosa bolle in pentola nel mondo delle private label? A questa domanda cerca periodicamente di rispondere, ormai da diversi anni, il Rapporto annuale sulla marca commerciale, l’indagine presentata in occasione di uno degli appuntamenti convegnistici più seguiti di Marca, la manifestazione (giunta alla sua settima edizione) che si è svolta la scorsa settimana a Bologna e che è divenuta un appuntamento ormai irrinunciabile per distributori e copacker.

Più che di novità, però, quest’anno è più opportuno parlare di conferme. Le marche private, infatti, continuano a crescere e, divenute ormai “mature”, si trovano ad affrontare le problematiche tipiche delle marche industriali sul cammino del loro sviluppo, combattute come sono tra la genetica necessità di risposte a una domanda di convenienza del consumatore e la crescente attenzione dedicata alle molteplici tematiche dell’innovazione e della sostenibilità.

Che le opportunità di sviluppo per i prodotti a marchio d’insegna vi siano e siano molte, del resto, è un dato di fatto. Basta dare un’occhiata al trend degli ultimi anni per rendersene conto. La loro quota di mercato a valore nei prodotti di largo consumo confezionati è passata dal 12,6% del 2006 al 15,4% del 2010 (era il 14,8% nel 2009). Il giro giro d’affari complessivo ha raggiunto ormai uota 8.126 milioni di euro. Certo, rispetto al peso decisamente più consistente (in alcuni casi, come per esempio nel Regno Unito o in Svizzera, più che triplo) di altri paesi europei, c’è ancora molta strada da fare.

Ma la crescita dei volumi e dei fatturati è costante (anche se trainata per il 61% dalle prime quattro insegne). E di anno in anno le private label italiane diventano più simili, per certi aspetti, alle marche industriali. L’aumento delle referenze inserite a scaffale, per esempio, non conosce soste. Così come la conseguente crescita, sia in quantità che in qualità, degli spazi espositivi. Cresce la pressione media promozionale (+1,4% negli iper e +0,4% nei supermercati). Lo stesso può dirsi per la copertura delle varie categorie merceologiche e per le marche premium. Fatto 100 il totale dell’offerta a marchio privato in Italia, l’alto di gamma rappresenta ancora il 4,4%, ma in progresso del 30,1% nell’ultimo anno. L’84,4% riguarda il marchio di insegna (+5,7%). Il primo prezzo si ritaglia invece il 5,3 (-0,8%), i prodotti bio il 3,6% (+4,4%) mentre alle altre tipologie di referenze va il 2,2% (+3,4%).

In che modo, dunque, i distributori riusciranno a risolvere il dilemma strategico alla base dello sviluppo futuro delle marche private: convenienza o qualità, prezzo basso o innovazione e sostenibilità? Non sarà certo un problema semplice, specie alla luce dei segnali che giungono dalle turbolenze sui listini internazionali di molte materie prime, dovute a cause di carattere speculativo e non solo.

Secondo Guido Cristini, professore ordinario di Economia e gestione delle imprese dell’Università di Parma (curatrice dello studio, insieme ad Adem Lab), lo  scenario economico e di consumo sembra favorire, almeno sul fronte della convenienza, i prodotti a marchio d’insegna. Lo dimostrerebbero alcuni trend. Innanzitutto la minore disponibilità da parte dei consumatori verso spese indirizzate a prodotti di largo consumo (a favore di altre categorie, come la telefonia, il tempo libero, la cultura ecc.). In secondo luogo una crescente fiducia nei confronti delle insegne e il conseguente interesse per l’offerta a marchio. Infine la maggiore attenzione alle dimensioni “reali” e tangibili dei prodotti e la minore dipendenza dalle marche industriali leader.

Sul fronte opposto, i retailer si trovano a dover rispondere a una sempre più forte attenzione all’ambiente e al consumo sostenibile di sostenibilità da parte dei consumatori, identificabile in tre aree: quella del premium (intesa come tipicità dei prodotti, territorialità, valore dei localismi e delle tradizioni in contrapposizione alla globalizzazione e omologazione dei consumi); quella del benessere (alimenti free from, prodotti per bambini, per anziani ecc.); e quella della sicurezza, della certificazione di processo, del controllo produttivo.

Le insegne eccellenti riusciranno a sviluppare la propria marca commerciale solo se saranno in grado di coniugare con equilibrio ed efficacia queste diverse tendenze.