La multinazionale svizzera, che con la divisione Nestlé Waters si ritaglia una quota del 20% del mercato (grazie a marchi quali San Pellegrino, Panna, Levissima, Vera, San Bernardo, Recoaro, Pejo, Claudia) sta per questo riorganizzando il proprio business nel settore. L’idea – sembra - è quella di mantenere le (difficili) posizioni dei “gioiellini” presenti nel portfolio, finanziandoli con i brand meno strategici, cioè quelli a maggiore vocazione locale.
E’ di qualche settimana fa la notizia relativa a voci di ridimensionamento del personale della San Pellegrino, marchio di punta e brand rinomatissimo negli States (che assorbono da soli un quarto delle sue vendite) e sulle tavole dei migliori ristoranti internazionali. Se il fatturato 2008 si è chiuso in attivo (+ 7,7%), infatti, pare che il primo trimestre 2009 abbia accusato una flessione del fatturato del 15%. Non solo. Su San Pellegrino, così come su acqua Panna, altro marchio fortemente esportato da Nestlé, pende come una spada di Damocle l’aumento dei dazi doganali del 100% che gli Usa intendono imporre dalla settimana prossima quale forma di ritorsione al divieto europeo di acquistare carne bovina americana agli ormoni.
Se a questo si aggiunge lo scenario generale del mercato e un trend che tende a favorire in questo momento i prodotti di primo prezzo, si capisce la necessità di intervenire prontamente. Cosa che Nestlé ha fatto. Come? Mettendo in vendita alcuni dei suoi marchi di acque minerali a diffusione locale. A riportare la notizia è il settimanale Il Mondo in edicola questa settimana. Secondo il quale il colosso elvetico ha deciso di vendere Claudia, San Bernardo e Recoaro. Claudia, in particolare, diffusa soprattutto nel centro Italia con ricavi di circa 6 milioni di euro, pare sia stata venduta per 3 milioni alla Tione di Orvieto. Per San Bernardo e Recoaro, invece, vi sono in corso contatti con i potenziali compratori. Nei prossimi mesi, la stessa sorte, potrebbe toccare ad altri marchi.