Gli analisti sono quanto mai d'accordo su un fatto: l'aumento dell'aliquota Iva dal 20 al 21% produrrà effetti rilevanti.
Sentiamo per tutti Confcommercio: "In un momento di crisi così profonda in cui imprese e famiglie tutte stanno soffrendo da molto tempo, si sperava che i vecchi copioni fossero stati cestinati per far posto ad analisi più serie sulle dinamiche di mercato e sull'inflazione. Evidentemente la tentazione di cavalcare i luoghi comuni è ancora forte. Perché deve essere evidente a tutti che l'aumento di un punto percentuale di Iva sull'aliquota del 20% produrrà inevitabilmente un piccolo scalino inflazionistico che contribuirà a ridurre la già bassa dinamica dei consumi delle famiglie e del Pil".
E' sempre Confcommercio a stimare che la volata inflativa si porterà gradualmente dal 3% al 3,4% di dicembre, rosicchiando via via decimi di punto. Ma la Manovra avrà solo un parziale successo in quanto, con i prevedibili tagli di spesa dei cittadini, la base imponibile si ridurrà, assottigliando il gettito previsto dal Governo.

Le reazioni
della gdo

Nei primi giorni seguiti al famigerato Iva day, sabato 17 settembre, ci sono state molte dichiarazioni da parte delle grandi catene che hanno rivelato, almeno in apparenza, il senso di responsabilità di cui si è sentito investito il dettaglio moderno.
In prima fila Zara, che già a fine agosto, ha detto pubblicamente che si sarebbe fatta carico, rinunciando a una parte dei margini, degli eventuali aumenti. Al retailer spagnolo ha fatto eco Federazione Moda Italia, che ha promesso un blocco dei prezzi ai livelli pre Manovra.
Il 16 settembre è stata  la volta di Crai che ha dichiarato che non ci saranno incrementi per i prodotti a marchio quali acqua, bibite, caffè, detersivi, profumi, vino, liquori, attrezzi per la pulizia della casa, nei  più di 2.000 punti vendita del gruppo, fra supermercati, superette, e negozi tradizionali, i classici negozi sotto casa, presenti in tutta Italia.  La decisione discende dalla "volontà di tutelare i clienti, specie in un momento così delicato, a conferma ancora una volta, di quella  politica di vicinanza, intesa anche  nell'essere vicini ai propri consumatori, proattivi verso le loro esigenze".
Altra discesa in campo da segnalare quella di Etruria Sma. La cooperativa toscana di distribuzione alimentare ha deciso di farsi carico dell’aumento di un punto percentuale dell'aliquota Iva "a tutela dei propri consumatori".
Nei supermercati Sma, il prezzo dei prodotti per il  cliente finale rimarrà invariato: sarà la cooperativa a coprire quell’1 per cento in più di Iva su oltre 7.000 referenze. “Non sarà un’operazione a costo zero  - ha detto la dirigenza del gruppo -. Per la nostra azienda questa scelta comporterà dei sacrifici. Crediamo, però, che sia uno sforzo giusto e necessario per evitare che il peso di questa misura metta ancora più in difficoltà le famiglie.”
Insomma meglio rinunciare a un po’ di guadagno che perdere i clienti, si sarebbero detti i distributori.
Il condizionale è d’obbligo perché bisogna capire chi veramente farà i sacrifici e se tutto questo non sia una pura azione di marketing.
Abbastanza rivelatrice una dichiarazione datata 20 settembre e lanciata alla stampa da Mediamarket: “Con l’entrata in vigore della legge 148/2011, Mediamarket – la catena di elettronica di consumo che in Italia controlla i brand Media World, Saturn, Media World Compra On Line e Saturn Online Shop – ha adeguato i prezzi alla nuova normativa. Nei prossimi giorni il retailer procederà con il ripristino dei prezzi ottici (499 euro, 599 euro ecc.) sui prodotti presenti negli store e sui canali e-commerce, assorbendo (direttamente o attraverso l’industria) l’incremento dell’Iva, senza ricadute dirette sul consumatore finale. Si tratta di almeno 20.000 referenze per ogni punto di vendita. L’azienda sceglie di adottare questa soluzione nel pieno rispetto del consumatore, nonostante il mercato dell’elettronica di consumo sia tipicamente deflattivo”.
L’industria, è questa la parola magica. Perché viene il sospetto che la gdo, che già presenta marginalità molto basse, per giunta in discesa in questi anni di crisi, finisca per scaricare sulle aziende produttrici la decisione di contenere i prezzi, per poi vantarsi del proprio senso di responsabilità nei confronti del popolo consumatore, magari anche attraverso un’accurata politica di comunicazione.

Le assoconsumatori
non ci stanno

Forse davvero alcuni distributori sono in buona fede, ma intanto le associazioni dei consumatori sono in allarme.
Si registra il pericolo di arrotondamenti di prezzo, un po’ come è avvenuto con l’entrata in vigore dell’Euro. Su questo punto Adusbef e Federconsumatori chiedono a gran voce un incontro ai vertici con gli esponenti del commercio.
Codacons, dal canto suo, ha preparato un esposto da inviare alle Fiamme Gialle, per esortare la polizia tributaria a fare controlli a sorpresa nei negozi, onde evitare che gli aumenti applicati vadano oltre a quanto previsto dalla Manovra.
Insomma già pochi giorni dopo l’Iva day la situazione è incandescente e di problematica lettura e diventa difficilissimo dire chi in ultima analisi pagherà il prezzo delle decisioni dell’Esecutivo. Probabilmente, come al solito, il consumatore finale che, invece di esser il re, come vorrebbero farci credere tanti uomini di marketing, rappresenta, oggi più che mai, il soggetto debole del mercato.