Ce l’ha fatta in extremis, dopo un iter legislativo avviato con l’approvazione della Finanziaria 2007 da parte dell'allora Governo Prodi. La norma che mette al bando i cari, vecchi sacchetti di plastica ora è legge. Ma “all’italiana”. Il pasticcio si è consumato nei giorni immediatamente precedenti Natale. Il 23 dicembre, infatti, quella che sembrava l’ennesima proroga di una scelta ecologica che in altri paesi è stata fatta da tempo, già malignamente inserita nel cosiddetto decreto Milleproroghe, è saltata grazie alla pervicacia del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Peccato però che a distanza di poco più di una settimana dall’entrata in vigore della nuova legge mancassero alcuni “dettagli” sulle sue modalità attuative.

Risultato: grande confusione, disorientamento totale e, in qualche caso, panico tra gli operatori della grande distribuzione e i piccoli dettaglianti. Sin dalla sua approvazione in Parlamento, in effetti, la norma che ha mandato in pensione i sacchetti inquinanti prevedeva un decreto interministeriale (con il coinvolgimento del Ministero dello Sviluppo Economico e dell'Ambiente) per fissare una indispensabile fase di transizione. Permettendo così ai dettaglianti di smaltire le scorte dei sacchetti in plastica e attrezzarsi per gli approvvigionamenti di quelli biodegradabili e riutilizzabili. Decreto mai varato. Analogamente, ancora non fissate risultano le modalità della messa al bando delle ormai storiche sportine. Qualche precisazione, a spizzichi e bocconi, è timidamente emersa nei giorni scorsi. Ma restano ancora molti aspetti da chiarire.

Secondo quanto se ne sa, la grande distribuzione avrebbe tempo fino al 30 aprile per smaltire i sacchetti di plastica ancora in magazzino, le grandi strutture di vendita dovranno liberarsene entro il 31 agosto, mentre per i piccoli negozi il termine sarebbe fissato per fine 2011. Nei giorni scorsi, inoltre, il Ministero dell’Ambiente ha fatto sapere che la cessione dei vecchi sacchetti di plastica da parte dei commercianti potrà avvenire solo a titolo gratuito. Scelta sullo smaltimento delle scorte che Federdistribuzione si è affrettata a definire «inadeguata», accusando la politica di ricorrere a «scorciatoie semplicistiche» e di non essere in grado di licenziare norme che combinino, nel caso specifico, «le esigenze della sostenibilità ambientale con quelle economiche degli operatori coinvolti».

In effetti il problema si pone. Che ne faranno le aziende distributive delle giacenze dei sacchetti di plastica? Li dovranno regalare, appunto, accollandosi di fatto un costo che viene stimato complessivamente in alcune decine di milioni di euro. Non solo. Chi non avesse provveduto in tempi strettissimi alla disponibilità di sacchetti ecologici rischia pure di infrangere la legge, con conseguenze che per ora sembra si limitino al semplice sequestro delle sportine illegali da parte della Finanza.

Va ricordato d’altra parte che il mercato dei sacchetti di plastica in Italia non è proprio insignificante. Secondo Coldiretti, gli italiani sono (o meglio, erano) tra i maggiori utilizzatori a livello europeo, con un consumo medio di 300 pezzi procapite all'anno, assorbendo circa un quarto dei cento miliardi di borse in polietilene vendute in Europa. Come se non bastasse, a gettare benzina sul fuoco delle polemiche ci si mettono anche alcune associazioni di consumatori. L’Aduc, per esempio, ha nei giorni scorsi accusato le catene distributive di speculare su questa situazione, approfittando del costo più elevato dei sacchetti biodegradabili rispetto a quelli in plastica.