L’indagine Fipe-Rimini Fiera sui consumi alimentari extradomestici, presentata ieri in occasione della giornata inaugurale di Sapore Tasting Experience, la grande manifestazione espositiva dedicata al beverage, al food e al seafood per il canale Horeca che si terrà fino a mercoledì 25 febbraio presso la Fiera di Rimini, dovrebbe costituire un interessante spunto di riflessione sia per gli operatori della distribuzione moderna che per quelli dell’industria alimentare che in Gdo sono già presenti o anelano a esservi.

Uno spunto reso ancor più stimolante dalle dichiarazioni del direttore della Fipe Edi Sommariva. Il quale, commentando i risultati della ricerca realizzata dal Centro Studi Fipe-Confcommercio (dal titolo: Dal carrello della spesa al ristorante), ha rimarcato che «si deve distinguere tra la ristorazione di necessità e quella di evasione. La prima, banale e impersonale, è terreno di caccia della grande distribuzione. Nella seconda, invece, si fa ricerca, innovazione, anche reinventando piatti della tradizione».


In queste parole c’è sicuramente del vero. Ma farebbero bene, industria e distribuzione del canale mass market, a prenderle quasi come un “guanto di sfida”. Il punto, infatti, è: può rappresentare la ristorazione fuori casa un’opportunità di business per il largo consumo? A giudicare da ciò che in altri paesi si è già iniziato a fare da tempo in termini di offerta, con assortimenti più tarati sulle esigenze del consumo fuoricasa e della ristorazione più o meno veloce, sembrerebbe proprio di sì.

Non va dimenticato, del resto, che nel 2009 il valore dei consumi nell'alimentare extradomestico (un comparto che conta 291.000 imprese con 310.000 lavoratori dipendenti e 670.000 indipendenti) è stato stimato da Fipe-Confcommercio in 70 miliardi di euro, pari al 33,5% dei consumi alimentari complessivi. Il volume d'affari ha registrato una lieve perdita, è vero (-1,2%). Ma considerata l’annata terribile per l’economia non è neanche un pessimo risultato. Le stime per il 2010, inoltre, prevedono una inversione di tendenza (+1%).

Ma veniamo ai risultati della ricerca Fipe. Il "pranzo", spiega l’indagine, continua a essere per gli italiani il pasto principale della giornata. Lo afferma tre quarti del campione intervistato (73,5%) ed è particolarmente vero per le donne (77,5%) e per gli ultra 55enni. 
Una percentuale marcatamente sopra la media per la "cena" è stata invece registrata tra i 25-34enni (41% contro il 26,5% medio) e tra i residenti al Centro Italia (30,5%).
 Più di otto italiani su dieci (83,5%) inoltre "variano le proprie scelte alimentari" in funzione del pranzo o della cena (con pasti più o meno “pesanti”).

Per il pranzo a casa, in particolare, si predilige "una" (44%) o "due" (46%) portate, che generalmente sono "primo" o "piatto unico" e "primo e secondo", mentre a cena domina "una sola portata" (61,5%), che di solito è un "secondo" o un "piatto unico". Il pasto tra le mura domestiche, insomma, è fortemente destrutturato. 
Ma quali sono gli alimenti maggiormente consumati a casa propria? I "primi piatti", la "frutta" e la "verdura-insalata", consumati "tutti i giorni o quasi" da circa i due terzi degli intervistati. I "formaggi", come prodotto di pronto consumo, hanno un buon gradimento, mentre il "pesce" è consumato "tutti i giorni o quasi" da un numero modesto di intervistati (13,5%).

I giovanissimi tendono a consumare preferibilmente i primi e – cosa risaputa - scarseggiano a frutta.
 Più salutiste le altre categorie: i 25-34enni controllano il consumo dei primi piatti, forse per attenzione alla forma fisica, mentre dai 45 anni in su si potenzia il consumo di frutta e verdura.
 Le donne hanno invece un consumo limitato di salumi e vino.
 Antipasti e dessert sono fortemente controllati tra gli over 55 anni.
 La categoria dei 45-54enni risulta essere quella più completa e "godereccia", con consumi superiori alla media anche tra i prodotti e alimenti generalmente "no".

In conclusione, sostiene la ricerca Fipe, gli italiani - pur tra forti cambiamenti - si confermano gourmet. Restano attenti alla "ricerca di ingredienti di qualità" (91,5%), ritengono il cibo un "piacere" (91%) e utile a una buona salute (87,5%). 
Le donne intervistate hanno dimostrato maggior accordo proprio con il cibo come "piacere", con la voglia di dedicare "tempo alla tavola" (84% contro il 78,5% medio), con il "cibo è salute" e con la "ricerca di nuovi sapori". Non va trascurato, tuttavia, che per un intervistato su due, senza particolari differenze tra i sessi, il cibo è un soltanto un "dovere di sopravvivenza".