Nonostante la percentuale delle differenze inventariali sia rimasta praticamente invariata (1,23%), nel 2007 l’importo dei furti commessi a danno dei punti vendita della gdo italiana ha superato i 3 miliardi di euro. Questi furti rappresentano un’indebita tassa per i consumatori onesti. Si stima infatti che pesino circa 157 euro su ogni nucleo famigliare.

I dati rilevati stanno spingendo i retailer ad accelerare l’implementazione di nuove tecnologie per la sicurezza delle merci. Nell’anno in corso gli investimenti hanno raggiunto gli 878 milioni di euro. Basti pensare che attualmente sul nostro mercato circolano circa 15milioni di articoli protetti. La protezione alla fonte in radiofrequenza sembra essere una delle soluzioni maggiormente ricercate per combattere il fenomeno del taccheggio e riguarda principalmente i prodotti multimediali, i cosmetici (12%), gli alcolici (5%), carni, salumi e formaggi (26%), calzature e abbigliamento (52%).

E’ il settimo Barometro europeo dei furti nel retail - commissionato da Checkpoint Systems e condotto dal Center for retail research di Nottingham – a evidenziare queste problematiche, attraverso un’analisi comparativa dei crimini nel retail registrati in 32 paesi dell’Europa, Nord America, Asia e Australia.

Lo studio rivela che nel 2007 gli ammanchi mondiali di merce sono aumentati dell’1,5% - superando i 72,4 miliardi di euro - e rappresentano l’1,36% del fatturato dei retailer.

Nella classifica europea dei tassi di differenze inventariali più alti l’Italia si pone al quarto posto. La maglia nera spetta alle Repubbliche Baltiche (Lituania, Estonia e Lettonia), anche se è il Regno Unito a segnare il valore delle merci sottratte più elevato, per un totale di quasi 5,6 miliardi di euro (1,34%).

In Italia le regioni del nord (53,3%) sono quelle più colpite dal fenomeno dei furti di merce e la Lombardia registra sottrazioni per un valore di circa 720 milioni di euro. Seguono il centro (28,4%) e il sud (18,3%). Le cause delle differenze inventariali dei punti vendita della gdo sono legate principalmente ai clienti taccheggiatori (50,8%). Pesano anche i furti interni dei dipendenti (28,4%), dei fornitori (7%) e gli errori amministrativi (13,8%).

Per quanto riguarda il profilo dei taccheggiatori, il 75% dei furti sono commessi da individui con meno di 30 anni d’età, l’importo medio di un prodotto rubato è di circa 30 euro e l’8% dei furti è realizzato da persone che nello stesso punto vendita acquistano altri articoli.

Ma quali sono i prodotti più rubati in Italia? Il maggiore incremento è stato registrato dai superalcolici, cresciuti di 21,8 punti percentuali in un anno, seguiti dai prodotti cosmetici (+12,4%) e dai capi d’abbigliamento (+12,2%).

Per proteggere quest’ultima tipologia di prodotti le catene della grande distribuzione si stanno attrezzando per implementare le nuove tecnologie a radiofrequenza, in cui il circuito di sicurezza viene cucito direttamente all’interno dei capi durante il processo produttivo. Questo accorgimento permetterà di inserire nei prossimi anni un’etichetta intelligente che grazie allo sviluppo delle tecnologie Rfid rappresenterà una vera e propria carta d’identità del capo che, anche nel caso venisse rubato, potrebbe essere identificato e riconsegnato al negoziante.

Accanto a prodotti costosi e ricercati, in Italia lamette per rasoi (+5,5%), carne, salumi e formaggi (+10,8%) continuano a rimanere tra le mire più ambite dei ladri. Basti pensare che per ogni quattro lamette da barba vendute una viene rubata, mentre per il Parmigiano Reggiano si parla di una confezione ogni 10.

Un calo dei furti si registra però per calzature (-18,8%), giornali (-12,4%) e giocattoli (-6,7%), sempre più protetti e controllati grazie agli sforzi intrapresi negli ultimi anni dai protagonisti della gdo.