Centrale del Latte d’Italia - quotata al segmento Star di Borsa Italiana – e nata dalla fusione di molte centrali preesistenti (Torino, Firenze, Pistoia e Livorno, Vicenza e Centro Latte Rapallo) è un gruppo altamente diversificato, che spazia dal core business del latte fresco e derivati, comprese le versioni ‘extended shelf life’, ai latti funzionali arricchiti e specifici per i bambini, alle IV gamme, ai dessert e bevande a base vegetale. Può contare su 5 stabilimenti produttivi - Torino, Firenze, Rapallo (GE), Vicenza e Casteggio (PV) -, dove vengono lavorati complessivamente circa 119 milioni di litri di latte all’anno.
Cli vanta oggi un’offerta di oltre 120 prodotti che vengono distribuiti - con i marchi TappoRosso, Mukki, Tigullio e Vicenza - sui territori di riferimento attraverso più di 16.000 punti vendita sia della grande distribuzione organizzata, sia del commercio tradizionale, mediante una flotta di circa 350 automezzi.
I ricavi netti consolidati hanno raggiunto, a fine 2017, ben 183,4 milioni di euro. Molto positivi i dati del primo trimestre. I ricavi netti consolidati sono saliti a 45,5 milioni (+5,1% sul corrispondente), mentre l’Ebitda (1,7 milioni di euro) ha fatto un balzo di 146 punti.
L’azienda brilla in un settore che ha conosciuto un primo semestre un po’ ondivago, come ci spiega
il Direttore commerciale, Marco Luzzati.

Come si presenta l’attuale congiuntura lattiera?

Da gennaio a giugno 2018 sono continuate le tensioni di mercato, con un calo generalizzato delle vendite intorno al 3 per cento. Il dato però non è confrontabile con quello del 2017. A cambiare le carte in tavola hanno contribuito, per esempio, la Pasqua, che è caduta quasi un mese prima, e una situazione climatica diversa, con un’estate che è cominciata molto più tardi. È vero che il lattiero-caseario non è particolarmente stagionale, ma è altrettanto vero che ci sono comunque oscillazioni di periodo all’interno di qualsiasi mercato. Aggiungo che se lo scorso anno burro e panna e, per conseguenza il latte, hanno toccato prezzi record, la tendenza, che si voleva in rientro, si è confermata anche nel primo semestre 2018, ma su livelli che tendono a una certa normalizzazione. La buona notizia è che tutti i nostri marchi e segmenti e tutte le aree presidiate da Cli, cioè Piemonte, Toscana, Veneto e Liguria, sono in positivo e le nostre quote superano quelle dello scorso anno.

L’azienda si caratterizza per un alto livello di diversificazione. Possiamo andare alle radici di questa strategia?

Se si vuole questo atteggiamento nasce con Cli stessa e nasce anche dal settore del latte che, negli anni Ottanta, voleva dire una sola referenza, mentre oggi, per noi, significa 40 articoli differenti: latte fresco, latte a lunga conservazione, latte fresco a lunga durata, latte ad alta pastorizzazione, bevande a base vegetale, cioè quelle che, per legge, non si possono chiamare latte, e molto altro. Dunque, proprio nel core business, abbiamo voluto e, in un certo modo dovuto, tenere il passo con l’evoluzione del mercato. Tutto il resto, quello cioè che non è latte e derivati, è altrettanto importante, a cominciare dalla IV gamma e dalle preparazioni vegetali. Da qui è derivata l’intesa con Zerbinati, formalizzata in giugno. Il partner è un leader di settore, che ci permette di avere accesso a un portafoglio articolato e ad alto valore aggiunto e ci consente di dare un buon servizio anche a quegli oltre 13.000 negozi del dettaglio tradizionale con i quali abbiamo rapporti continui. Il normal trade, diversamente, resterebbe tagliato fuori da un assortimento presidiato dalla Dmo.

Entriamo nei dettagli dell’accordo…

La partnership industriale prevede la cessione, da parte di Cli a Zerbinati, della business unit ‘Salads & Fruits’ di Casteggio (PV). Parallelamente ci permetterà, attraverso i nostri canali di vendita, di commercializzare le insalate e gli altri prodotti Zerbinati: vellutate, zuppe, contorni, burger gluten-free e flan vegetali. Del resto, per noi, la IV gamma, inserita in assortimento dall’inizio, cioè gli anni Ottanta, è ormai il terzo mercato, dopo latte e yogurt. Se ricordiamo che la nostra rete logistica vuol dire circa 350 furgoni, 13.000 negozi e 3.000 punti vendita della Gdo, che beneficiano di consegne quotidiane, ci rendiamo conto della portata dell’intesa per i due partecipanti.

Vi interessano anche i mercati esteri?

Assolutamente sì. Abbiamo iniziato a ‘scoprire’ l’estero da 2 o 3 anni a questa parte e il 2017 ci ha restituito incrementi a tripla cifra. Vendiamo in Cina, tramite Alibaba, negli Emirati, in Arabia Saudita, Vietnam, Corea, Taiwan. L’incidenza è ancora molto bassa, ma siamo all’inizio di un percorso e di un lavoro realmente proficuo e interessante, che darà ottimi risultati.

I trend salutistici hanno agevolato i successi del Gruppo?

Sono molto importanti specie per un’azienda come la nostra che, da parte sua, ha avuto il merito di coglierli fin dagli albori, per esempio con i prodotti senza lattosio, le bevande vegetali, il latte biologico. L’ultimo lancio ha riguardato la linea di preparazioni fermentate da dessert a base di soia, che ci sta dando un’ulteriore conferma degli elevati ritmi del nuovo aggregato del salutismo e benessere.

In molti dei vostri mercati è presente in forze la marca privata. Cosa ne pensa?

Non la vivo come una minaccia, ma come un’opportunità per ravvivare gli scaffali. Sono convinto che, oltre a funzionare bene, le private label siano necessarie e facciano un buon gioco di squadra con i grandi brand: i due attori possono reciprocamente valorizzarsi, giustificare le eventuali differenze di prezzo, accettare le rispettive innovazioni. D’altro canto, il successo delle Mdd ha avuto un impatto forte solo sui marchi deboli, quelli privi di un buon posizionamento. Cli nel latte, è molto più forte oggi di 10 anni fa, eppure, in alcuni settori e in certe zone da noi coperte le private label hanno picchi che rasentano il 30 per cento. E lo stesso discorso dovrei fare per la IV gamma.

A Torino state facendo un grande lavoro di rinnovo dello stabilimento

Il nuovo polo, dopo il ‘revamping’, sarà una piattaforma e un centro di innovazione per l’Italia e l’estero. La struttura, che risale al 1952, è in pieno centro, di fianco allo stadio Olimpico. I lavori avranno una durata di 30 mesi, con un investimento di 22 milioni di euro. Il progetto, una volta completato, assicurerà un magazzino di stoccaggio dei prodotti finiti interamente automatizzato 4.0 (con oltre 3.000 posti pallet, tra refrigerati e a temperatura ambiente), 4 nuove linee di confezionamento, 2 impianti di ultima generazione per il trattamento del latte, un ampliamento del complesso di 1.300 mq, nonché il rinnovo di tutti le infrastrutture che soddisfano le necessità energetiche.

Si parla molto di giusta remunerazione degli allevatori. Qual è la posizione di Cli?

La tutela del produttore di latte è per noi una priorità assoluta. Livelli di remunerazione troppo bassi finirebbero per escludere dal mercato proprio quegli operatori che sanno dare una materia prima di qualità. Siamo in partnership, da 30-40 anni, con molti dei nostri allevatori e lo scorso anno il sodalizio è culminato con la certificazione ‘benessere animale’ che oggi copre tutte le stalle piemontesi nostre conferitrici.

Concludiamo con qualche parola sulla comunicazione

Diventa sempre più interessante, almeno per noi. Mi spiego. Cli nasce da aziende locali e marchi locali e dunque anche le strategie di comunicazione devono essere geograficamente mirate. Oggi il mondo dei media è cambiato in meglio da questo punto di vista. Il web, per esempio, consente di raggiungere bacini di utenza ben precisi, facilmente localizzabili e profilabili. E questa ‘capillarizzione’ interessa ormai anche mezzi più classici come la TV, specie se consideriamo le emittenti a pagamento.