Il 2017 ha segnato un record per la produzione del Parmigiano Reggiano, che è cresciuto complessivamente del 5,2% rispetto all’anno precedente. Il totale - superiore a 3,65 milioni di forme per circa 147.000 tonnellate - rappresenta il livello più elevato nella storia millenaria di questa Dop. Il giro d’affari al consumo, pari a 2,2 miliardi di euro, si proietta, con forza crescente, verso l’estero, una valvola di sfogo per un settore in continuo aumento e che ha bisogno di nuovi spazi.
A entrare in maggiori dettagli con ‘Distribuzione Moderna’ è
Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio di tutela, nonché uomo di punta dell’azienda di famiglia, fondata nel 1895.

Decisamente un grande 2017. Cosa possiamo aggiungere?

Negli ultimi tre anni la produzione è volata, salendo del 10 per cento in volume. L’Italia rappresenta oggi il 62% della domanda, contro una quota export del 38%, con un +3,9% sul 2016. La Francia è la prima acquirente, con 9.800 tonnellate, seguita da Germania, Stati Uniti, Regno Unito e Canada, dove il Ceta ha aperto nuovi orizzonti. Per sviluppare ancora di più il mercato, dentro e fuori dai confini nazionali, il Consorzio ha previsto un investimento in comunicazione pari a 20 milioni di euro - 12 in Patria e 8 all’estero -, una cifra che vuol dire 7 milioni in più sull’anno precedente.

Su quali direttrici pensate di muovervi?

La strategia del Consorzio si basa su quattro pilastri, che sono un mix di tradizione e innovazione: distintività di prodotto, incremento dell’export, lotta alla contraffazione e sviluppo delle vendite dirette dei caseifici. Il primo è il più importante, visto che ci sono 3,5 milioni di famiglie fedelissime al Parmigiano Reggiano, 3,9 al Grana Padano e 14 che comprano indistintamente l’uno o l’altro. Per aumentare le vendite, abbiamo messo in campo azioni di riposizionamento della marca, rafforzando la comunicazione con l’obiettivo di fare percepire al consumatore i plus che rendono il Parmigiano Reggiano Dop un formaggio unico al mondo. Un prodotto che si distingue per la selezione degli ingredienti migliori e naturali, la completa assenza di conservanti e additivi, il rispetto della stessa ricetta da 1.000 anni.

Come si riposiziona un brand che ha 1000 anni?

Siamo andati oltre una campagna media - su tv, stampa e radio – per dire al consumatore che il Parmigiano Reggiano non può essere sostituito da nessun altro prodotto. Stiamo parlando a 7 segmenti di clienti finali selezionati dalle ricerche. Penso alle neomamme, visto che il nostro prodotto è adattissimo al post gravidanza e allo svezzamento dei bambini, ma penso anche agli anziani, per i quali l’apporto di calcio è basilare, o agli sportivi, che hanno bisogno di energie immediatamente disponibili. Aggiungo che oggi il Parmigiano Reggiano è anche un prodotto funzionale, dunque coerente con i trend salutistici per via dei suoi effetti bifidogeni, utilissimi all’intestino.

Parliamo dell’export. Quali sono le sfide?

L’estero è il nostro secondo pilastro, come emerge dalle cifre. Stiamo identificando nuovi Paesi vocati al consumo e con una capacità di spesa molto interessante, come gli Emirati, l’Arabia Saudita, Dubai, che sarà la sede di Expo 2020. Il Consorzio ha incrementato gli investimenti oltre confine sia in ambito marketing, sia per quanto riguarda le relazioni pubbliche, creando un network di uffici stampa presenti nei principali mercati di riferimento. Ci poniamo l’ambizioso obiettivo di salire di 2-3 punti percentuali all’anno e di arrivare, nel 2021, a 1,6 milioni di forme esportate.

Come procede la lotta alla contraffazione?

Voglio precisare che lotta alla contraffazione non vuol dire solo contrasto all’italian sounding, l’elemento più visibile, ma anche una continua vigilanza nei caseifici e nelle stalle da parte degli ispettori del Consorzio. Questo si traduce concretamente in una maggiore trasparenza a vantaggio del consumatore. Dal 2017 il Consorzio ha potenziato i programmi di sorveglianza delle aziende di grattugia e dei laboratori di porzionatura, ora al 100%, così da assicurare l’autenticità del prodotto.

Quali sono i vantaggi della vendita diretta?

Il plus commerciale è evidente, ma non si tratta solo di questo. Stiamo guidando i caseifici a rivolgersi direttamente ai consumatori finali perché esiste una grande biodiversità del Parmigiano Reggiano che rende ogni impresa di trasformazione simile a una maison di Champagne, dunque con una propria identità. I caseifici devono avere sempre più accesso al mercato senza mediazioni, non solo attraverso gli spacci aziendali, ma anche con le vendite online, i rapporti diretti con le piccole catene di supermercati e il canale Horeca. L’obiettivo è di aumentare la quota di vendita diretta fino a raggiungere un terzo della produzione complessiva.

Cosa intende con biodiversità?

Ben 137 caseifici su 335 hanno certificazioni aggiuntive alla Dop per rispondere alle diverse esigenze di mercato. Ci sono il Parmigiano Reggiano Biologico, quello di Vacca Bianca Modenese, di Vacca Rossa Reggiana, di Vacca Bruna, e ancora il Prodotto di Montagna, il Kosher, l’Halal e le lunghissime stagionature ‘da meditazione’. Parliamo di più di 360.000 forme che si collocano a un livello di prezzi al consumo stabilmente superiore alla media. Il fine del Consorzio è anche di promuovere questi nuovi segmenti, meno condizionati dalla congiuntura e che consentono ai produttori una remunerazione più alta.