di Emanuele Scarci
Un anno record per il Parmigiano
Reggiano, trainato soprattutto dalla distribuzione moderna che ha messo a segno
una crescita dell’11,5% a volume.
Nel 2023 il giro d’affari al consumo di
Parmigiano Reggiano ha toccato il massimo storico di 3,05 miliardi di euro
contro i 2,9 miliardi del 2022, con un aumento del 5%. Ottima la performance
anche a volume: +8,4%, sostenuta da un andamento positivo dell’export (+5,7%),
e, soprattutto, delle vendite in Italia (+10,9%). I dati del 2023 sono stati comunicati ieri nel corso di un evento a Milano.
La performance (in un contesto di inflazione a due cifre) del re dei formaggi è
stata guidata dal calo dei prezzi conseguente all’arrivo sul mercato della maxi
produzione del 2021, pari a 4,1 milioni di forme. Il prezzo medio dell’anno all’ingrosso
è stato di 10,08 euro/Kg, il 5% in meno. Nel primo trimestre di quest’anno
invece il prezzo si è mosso al rialzo, toccando in marzo il picco annuale di 10,53
euro/kg. In crescita anche la produzione: +3% nel primo bimestre.
Gdo motore dele
vendite
Il Italia si vende il 57% dell’offerta,
il resto sui mercati esteri. Per quanto riguarda i canali distributivi, la Gdo
rimane il primo con il 65%, seguita dall’industria con il 17,1% e dal canale
Horeca con l’8,2%. Il restante 9,9% è distribuito negli altri canali di
vendita.
Considerato il calo demografico
italiano, «nel prossimo futuro - ha detto Nicola Bertinelli, presidente del
Consorzio del Parmigiano Reggiano - il Consorzio dovrà sempre più investire
sulla crescita nei mercati esteri, che rappresentano il futuro della nostra
Dop. Ciò impone una partnership sempre più forte tra i produttori e quei
commercianti che dispongono di una rete vendite e della forza per affrontare i
mercati internazionali».
L’anno scorso il Consorzio ha
investito 31,8 milioni di euro per marketing, comunicazione e sviluppo dei
mercati nel 2023 con l’obiettivo strategico di passare da Doc a brand globale.
Quest’anno il budget disponibile è di 10 milioni inferiore al 2023 a causa
della contrazione dei contributi per gli splafonamenti delle quote produttive.