Il retail mondiale è in grande cambiamento in direzione omnicanale e sul versante del comportamento dei consumatori, che desiderano sempre più acquistare senza limiti di tempo e di spazio.

Sarà forse banale scriverlo e ricordarlo, ma la considerazione emerge da una fonte più che autorevole, il rapporto ‘Global powers of retailing 2018’ di Deloitte, non ancora diffuso in forma strettamente ufficiale, anche se la ‘prensa’ spagnola ne ha largamente parlato, grazie all’anteprima in supplemento a ‘Stores Magazine' (rivista ufficiale della National Retail Federation Usa), realizzata in occasione del Retail Big Show di New York (14-18 gennaio).

I parametri stanno cambiando, continua la fonte, e i gruppi a più elevata crescita, come Amazon e JD.com traggono profitti a breve termine dalla continua acquisizione di nuovi clienti, dall’evidente flessibilità e dalla posizione di primato nel mondo distributivo.

Invece i retailer molto concentrati sul territorio rischiano di perdere consumatori e quote di mercato a causa di questi veri ‘distruttori’, sempre più in grado di muoversi rapidamente sotto il profilo logistico e finanziario.

I concetti sono confermati, negli Usa, dalla caduta libera dei grandi magazzini, come Macy’s, J.C.Penney, Sears/Kmart e degli specialisti come Toys ‘R’ Us, che fondano il proprio business quasi esclusivamente sulle reti fisiche.

Se il compito dei distributori è stato completamente riscritto dal commercio online, le nuove parole d’ordine sono, evidentemente, innovazione, collaborazione, integrazione e automazione.

Questi fenomeni non risparmiano l’Europa, dove fra l’altro la crescita economica è più forte rispetto alla media americana, almeno se consideriamo la Germania, la Spagna e i Paesi Bassi. Tuttavia molti rischi permangono sul versante della politica interna. Il forte avvicendamento ai vertici di alcune nazioni, la nostra compresa, visto che in primavera si vota, potrebbe infatti precipitarle in un nuovo stato critico.

Detto questo, come sempre, il cuore, almeno giornalistico, dell’analisi è nella classifica, basata sull’esercizio 2016. Nella top 10 mantiene il primato, con una forte tendenza alla stabilità, il colosso Wal-Mart, con un fatturato 2016 di 458,8 miliardi di dollari e un +0,8% sul 2015. Segue, come sempre molto distaccato, Costco, con 118,7 miliardi e un +2,2 per cento.

Primo degli europei e quarto assoluto, alle spalle dell’americana Kroger, è Lidl, con 99,2 miliardi di Usd e un ragguardevole +8,3%. Il gruppo supera largamente Aldi, in ottava posizione, con 89,4 miliardi e una variazione positiva del 4,8 per cento.

Il posizionamento dei due re del discount conferma la loro fase espansiva, che tuttavia si appanna molto se confrontata con le straordinarie performance di Amazon, che diventerebbero ancora più rimarchevoli qualora la ricerca consolidasse già l’acquisto di Whole Foods, cosa del resto impossibile visto che il deal risale all’inizio dell’estate del 2017. In ogni caso il gruppo fondato da Jeff Bezos si aggiudica un sesto posto, con ricavi mondiali pari a 94,6 miliardi in crescita del 19,4 per cento.

Per quanto riguarda l’Italia e considerando solo i proventi retail, si mantengono in sella Coop e Conad, rispettivamente 72ma con 13,042 miliardi di dollari (il Cagr 2011-2016 è pari a +0,3) e 78ma, con 12,345 miliardi e un tasso di crescita annuo composto del 3,1 per cento. Compaiono, nella top 250, anche Esselunga al 131° posto, in crescita del 2,6%, ed Eurospin, al 187° (+8,6%).

Insomma i nostri connazionali si difendono piuttosto bene, specie per quanto riguarda le formule del discount e del superstore. Il tutto però è da leggere all’interno dello scenario delineato in apertura, ossia di un commercio in piena rivoluzione. Ma gli italiani, come sempre, saranno in grado di presentarsi all’appuntamento magari un po’ in ritardo, ma preparati, politica permettendo…

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