Gruppo Martini, leader nel settore della carne di maiale, e importante operatore in altri comparti, come quelli della carne di pollo, della carne di coniglio, e con un reparto dedicato alla produzione e alla stagionatura di di prosciutto crudo, ha acquisito il controllo esclusivo di gruppo Malocco.

“In maggior dettaglio – si legge nell’avviso al mercato pubblicato ieri, 19 ottobre, dall’Agcm - in esito all'operazione, Martini eserciterà il controllo esclusivo su Agri service (in via diretta) e su Pollo Piave (in via indiretta, per il tramite di Agri service), mentre Martini alimentare eserciterà il controllo esclusivo su Malocco Vittorio e figli”.

L’operazione riguarda il settore dell'allevamento degli avicoli e della produzione e commercializzazione di carne avicola, nonché quello della produzione di mangimi a uso avicolo. Sia gli acquirenti che il gruppo Malocco operano a tutti i livelli della filiera della carne avicola.

In particolare la ravennate Martini alimentare, fondata nel 1918, ha chiuso il 2021 con un fatturato di 407 milioni di euro, in forte crescita sia rispetto al 2020 (369,1 milioni) sia sul 2019 (341), secondo Report aziende Consodata, mentre Malocco Vittorio è salita, nello stesso periodo, dai 43,7 milioni del 2019 fino ai 46 dell'esercizio 2021.

Malocco, con sede a Torre di Mosto, nell’area metropolitana di Venezia, è nata nel 1950. Essa si presenta sul mercato con il marchio di pollo Ducale e diventa, in breve tempo, un punto di riferimento per la qualità dell’allevamento, della lavorazione e del prodotto finito. È leader di mercato nel Triveneto e i suoi ricavi sono in costante crescita da dieci anni.

Secondo Ismea le carni avicole hanno beneficiato, negli ultimi 5 anni, di un aumento degli acquisti del 9% in quantità e del 19% in valore, mostrando una dinamica molto più favorevole rispetto al comparto delle carni nel loro complesso e un crescente orientamento verso prodotti a maggior valore aggiunto.

Nel primo trimestre dell'anno, in risposta all'evidente incremento dei prezzi medi (+15% rispetto al 2021, +19% rispetto al 2019), la domanda al consumo ha mostrato i primi segnali di cedimento, riallenandosi ai volumi ante pandemia, in presenza di una spesa più alta del 4% rispetto ai primi tre mesi del 2021.