di Luca Salomone

In circa 48 ore il presidente russo non solo ha decretato l’uscita della propria nazione dall’accordo sul grano, cosa che rischia di alimentare di nuovo la spirale inflattiva anche nei mercati dell’Occidente, ma ha confiscato i presidi locali di due colossi produttivi dell’Europa dell’Ovest: la danese Carlsberg (9,4 miliardi di euro di fatturato consolidato nel 2022) e la francese Danone (27,7 miliardi).

Le filiali delle due major sono passate sotto il controllo dello Stato, con un provvedimento a lungo annunciato, ma che è diventato realtà solo domenica 16 luglio, con la pubblicazione sulla Rossijskaja Gazeta, l’equivalente della nostra Gazzetta Ufficiale.

Secondo Mosca queste imprese sarebbero colpevoli di avere avviato la propria ritirata di Russia, cosa che peraltro, hanno fatto molte altre società, il che potrebbe rendere ancora più inquietante l’accaduto.

Carlsberg, che ha varato il processo di uscita il 28 marzo del 2022 e firmato, pochi giorni fa, il 23 giugno 2023, un accordo per la vendita dei propri asset rimanenti, potrebbe rimetterci la controllata Baltika breweries, diventata ora dell’Agenzia federale russa per la gestione delle proprietà statali.

Il colpo è pesante, visto che l’azienda è una delle maggiori birrerie del Paese, con una quota di mercato del 30% circa (cresciuta di 5 punti nel 2021), esportazioni in 79 Stati, soprattutto orientali, 8.300 addetti, 8 stabilimenti produttivi.

Sempre nel 2021 Baltika ha investito 3,7 miliardi di rubli (circa 36 milioni di euro) e pagato 61,1 miliardi di rubli di tasse (oltre 600 milioni di euro).

Carlsberg, che, come si legge in una nota, non ha neppure ricevuto una comunicazione ufficiale al riguardo, sta avviando le opportune procedure di accertamento.

Danone: il gruppo, in fase di Russia exit dal 14 ottobre 2022, conserva ancora un proprio quartier generale in loco, per coordinare le attività di disimpegno.

«Prendiamo atto del decreto delle autorità, che mira a porre la nostra filiale sotto controllo pubblico, ma stiamo anche studiando accuratamente la situazione – si legge -. Ci prepariamo, inoltre, ad adottare tutte le misure necessarie per tutelare i nostri diritti, per assicurare il prosieguo delle operazioni in atto e per cautelare tutte le parti in causa, a cominciare dai nostri colleghi. In ogni caso la decisione governativa non avrà alcun impatto sui nostri obiettivi finanziari 2023, che prevedono una crescita di fatturato compresa fra 4 e 6 punti e un miglioramento dei margini».