Dopo una transazione annunciata a fine settembre 2019 e poi negata a ancora riaffermata, gruppo Casino - all’interno del proprio piano di riorganizzazione - ha finalmente ceduto ad Aldi Francia il marchio Leader Price, discount specialista dei freschi.

È stata siglata un'offerta vincolante che porterà alla vendita di 3 centri distributivi e 567 negozi sul suolo metropolitano francese, per un valore d’impresa di 735 milioni di euro, più un premio di 35 milioni, che verrà erogato a fronte della valutazione delle performance operative conseguite da LP nel periodo di transizione.

Casino resterà proprietario dell’insegna, per continuare a svilupparla, nei Paesi esteri e a produrne i marchi privati, in accordo con il compratore tedesco.

Dunque, per gli oltre 20 punti vendita del nostro Paese – realizzati e gestiti in joint venture con Crai, tramite la società mista Leader Price Italia - non ci saranno cambiamenti di sorta, come già previsto.

Il perfezionamento dell’operazione avverrà sulla base dei rilievi e dell’autorizzazione dell’Antitrust francese.

Il nodo maggiore, per Casino, riguarda ora i punti di vendita in franchising, una settantina. Visto che Aldi non sviluppa l’affiliazione, Casino dovrebbe distribuirli all’interno della propria rete, con un occhio di riguardo per Franprix, consorella di Leader Price, con 400 supermercati nell’Esagono.

Dal momento che la rete domestica di LP ammonta a 656 indirizzi, avanza ancora una ventina di punti vendita, un parco che dovrebbe essere ceduto ad altri concorrenti, valutando caso per caso.

Casino, che ha un fatturato aggregato di 34,6 miliardi, si avvia così a concludere la prima tranche del proprio piano di cessioni, di 2,5 miliardi di euro, superandolo e arrivando a un totale di 2,8 miliardi. Resta ora da definire la parte restante, che prevede dismissioni per un ammontare di 1,7 miliardi.

Dall’altro lato c’è Aldi: nel 2018 il gruppo ha totalizzato circa 100 miliardi di euro di fatturato, sommando i due rami, Aldi Nord (presente anche in Francia) e Aldi Sud (attivo anche in Italia), una distinzione che tuttavia è destinata a perdere di senso, visto il progetto di fusione, che ha debuttato in marzo con la messa in comune della concezione e distribuzione dei marchi propri, i quali toccano il 90% delle vendite.