di Armando Brescia e Luca Salomone

Coopfond è la società che gestisce il fondo mutualistico per la promozione cooperativa, alimentato dal mondo Legacoop. In trent’anni di vita si è sempre posta come un soggetto rilevante nello sviluppo di questa tipologia di imprese, come ci spiega il direttore generale, Simone Gamberini.

Quando e perché nasce Coopfond?

Nasciamo in virtù della legge 31 gennaio 1992, numero 59, fortemente voluta dal mondo della cooperazione. La norma ha fissato come obiettivo, appunto, la creazione dei fondi mutualistici attraverso la costituzione di fondi patrimoniali - in forma di società per azioni - destinati, ogni anno, a raccogliere il 3 per cento degli utili delle cooperative. Questa riserva finanziaria può essere utilizzata per formare e sviluppare nuove imprese cooperative, prediligendo la componente tecnologica e l’occupazione. La missione è stata interpretata da Coofond sempre guardando a modelli aziendali innovativi per articolare una strategia che esalti il principio di mutualità esterna.

In altre parole?

In pratica noi raccogliamo fondi dalle cooperative di grandi dimensioni, caratterizzate da una consistente marginalità e li redistribuiamo verso le piccole. Ci focalizziamo, inoltre, sulle regioni con una forte intensità mutualistica e redistribuiamo verso le aree a minore concentrazione e più svantaggiate. Questa modalità si è sviluppata attraverso due tipologie di interventi finanziari. La prima attività, il nostro vero core business, consiste nell’ingresso nelle cooperative come soci finanziatori e sostenitori dei piani di sviluppo. La seconda, che non è focale, voglio ribadirlo, consiste invece nel puro credito alle imprese iscritte a Legacoop e/o alle società per azioni controllate da cooperative.

Parliamo di cifre…

Il nostro portafoglio, 470 milioni di euro di patrimonio netto, è impegnato in circa 700 cooperative. In questi anni abbiamo erogato 1 miliardo e 300 milioni di euro, con interventi che vanno dai 7 ai 10 anni massimi. Esiste dunque un periodico rientro di fondi: se quest’anno, per fare un esempio, raccogliamo circa 17-18 milioni di euro, ne abbiamo altrettanti che tornano in cassa e dunque riusciamo a sviluppare una leva fra i 34 e i 36 milioni. Abbiamo totalizzato, nella nostra storia, qualcosa come 557 milioni - di cui una quarantina erogati a fondo perduto - attraverso una forte azione di accompagnamento dei progetti di evoluzione e pianificazione delle imprese, della loro promozione e sviluppo, senza escludere il segmento delle startup. Arriviamo a un totale netto di 517 milioni, di cui il 92% di riserva patrimoniale netta, ovvero, come le dicevo, 470 milioni. Questi dati dimostrano, fra l’altro, l’oculatezza degli investimenti, che riguardano operazioni con un rischio moderatamente basso.

Quali sono le azioni verso il commercio al dettaglio?

Il retail pesa molto sulla raccolta e non sugli interventi, in base al principio per cui chi produce un reddito si comporta da donatore, ma il più delle volte non necessita del fondo, il quale si indirizza, invece, a soggetti più piccoli, che tuttavia possono rientrare in quelle filiere operanti a strettissimo contatto con la Gdo. Ci siamo concentrati sulla produzione e sui servizi, come la logistica e su tutto il mondo della cooperazione sociale, con particolare riguardo all’agroalimentare, sia per quanto concerne la produzione che la trasformazione. Nella filiera del latte, tanto per stare sul concreto, agiamo sia sui produttori, sia sui consorzi di raccolta e trasformazione, sia sulle fasi di movimentazione.

Possiamo dire che siete, soprattutto, un braccio finanziario del settore food?

In effetti in questi anni, come accennavo, abbiamo scelto di sostenere, particolarmente, il rafforzamento delle filiere agroalimentari, con piani di investimento che hanno incentivato la maggiore efficienza in termini di sostenibilità e la trasformazione digitale. Questo comparto ha molto spesso una natura cooperativa ed è fondamentale per il sistema delle grandi cooperative di dettaglianti, oltre che per l’economia del Paese. Abbiamo elaborato rating di impatto che prevedono forme di premio sui tassi di interesse, il che non esclude, tuttavia, che esistano anche finanziamenti a fondo perduto. Noi parliamo di ‘finanza d’impatto’, in quanto il nostro attuale scopo è di non supportare più quei programmi che non abbiano, appunto, la sostenibilità come obiettivo primario.

È un lavoro difficile?

Tanto difficile, quanto indispensabile. Siamo consapevoli che, per andare oltre il greenwashing, c’è ancora molta strada da fare, anche se il mondo cooperativo è, in proporzione, più sensibile alla vera sostenibilità. Credo che oggi anche la finanza sia chiamata a svolgere una funzione nuova e molto rilevante, diffondendo e inducendo una cultura che stimoli il cambiamento. Da qui l’utilizzo, appunto, dei tassi di interesse come leva per gratificare l’impegno o, al contrario, penalizzare il disimpegno. Noi collaboriamo con altri soggetti che si autodefiniscono ‘finanza d’impatto’, ma purtroppo molti sono ancora condizionati da schemi di pensiero che risalgono ai tempi passati. Per questo abbiamo dovuto creare nostri modelli di intervento e valutazione degli obiettivi di sostenibilità, obiettivi che vanno conquistati, ribadisco, con un lavoro molto impegnativo.

Pandemia prima e inflazione poi. Come avete risposto a questi fenomeni?

Nella fase iniziale del Covid abbiamo vissuto una crisi di liquidità del sistema imprenditoriale e dunque abbiamo messo a punto strumenti atti a favorire un migliore svolgimento delle attività. Oggi il vero problema è però quello energetico e delle materie prime, che affligge tutti quei soggetti che non riescono a scaricare immediatamente a valle l’inflazione, un fatto che erode pericolosamente i margini. Nei primi tre o quattro mesi del 2022, chi non ha potuto trasferire le dinamiche inflative ha dovuto lavorare in perdita, e dunque rivedere i propri piani di sviluppo, o fare ricorso al sostegno finanziario. Oggi si sta creando, tuttavia, una seconda fase, in cui gli aumenti si stanno riversando sui consumi. Le realtà che sono a monte della Gdo stanno recuperando i propri redditi, ma, molto probabilmente, già in settembre, esse dovranno affrontare una diminuzione della produzione a causa della prevedibile flessione della domanda. Penso che questo sarà un anno di transizione, mentre il 2023 sarà un periodo difficile, almeno se non subentreranno fattori virtuosi legati alla situazione internazionale.

Concludiamo con qualche parola sul vostro bilancio di sostenibilità…

Nel 2021 abbiamo redatto il nostro secondo documento di questo tipo, mentre in precedenza, per 15 anni, abbiamo reso disponibile, comunque, una rendicontazione sociale molto approfondita. Abbiamo deciso di cambiare per motivi di coerenza e l’anno prossimo cambieremo ancora, adottando un sistema integrato, che comprenda cioè il rendiconto socio-ambientale e quello finanziario. Noi non abbiamo obblighi speciali, ma se vogliamo essere protagonisti della sostenibilità dobbiamo dare il buon esempio. Anche perché la peculiarità del sistema cooperativo e i rating creati in precedenza potrebbero impedire al mondo cooperativo di avere accesso al credito. Dunque, oggi, in collaborazione con organismi specializzati, tra i quali Crif, stiamo elaborando punteggi Esg di carattere specifico.