di Emanuele Scarci

Balza del 35% il turnover di Esselunga, soprattutto ad opera di dipendenti giovani maschi con meno di 30 anni. Anche nella distribuzione moderna sembra consolidarsi il fenomeno dei giovani che accettano malvolentieri di lavorare su turni e, a volte, al sabato e alla domenica. E, quando se ne presenta l’occasione, preferiscono optare per impieghi con turni regolari e il fine settimana libero.

L’anno scorso il tasso di ricambio del personale (cioè il flusso di persone in entrata e in uscita) di Esselunga è salito, considerando anche i contratti a tempo determinato, dal 6,6% all’8,9%, con un’incidenza degli uomini quasi doppia rispetto alle donne. Le regioni più coinvolte dal turnover sono Emilia Romagna (15,1%), Veneto (quasi il 13%) e Piemonte (sopra il 10%). Il Lazio e la Toscana hanno i valori più bassi.

Circa il 26% del turnover riguarda giovani maschi con meno di 30 anni e il 17% delle donne altrettanto giovani. L’incidenza scende fra il 5 e il 9% nella fascia fra 30 e 50 anni e si assesta fra il 4 e il 4,5% oltre i 50 anni.

I dati di Esselunga sono significativi, ma presumibilmente in linea con gli altri operatori del Centro nord (il retailer non opera al Sud) e rispecchiano un trend più generale. Per esempio, dalle comunicazioni del ministero del Lavoro, emerge che sono quasi 2,2 milioni le dimissioni registrate nel 2022, in aumento del 13,8% rispetto al 2021.

Il malessere

Che succede? “Non abbiamo avuto modo finora di confrontarci sulla tematica con Esselunga - interviene Vincenzo Dell’Orefice, segretario generale aggiunto di Fisascat Cisl -. Tuttavia nella Gdo si evidenziano nastri orari oblunghi e settimane lavorative che comprendono i week end (e i festivi), trattamenti economici non proporzionati al valore del sacrificio richiesto in termini di riduzione del tempo per sé e per la parte relazionale della vita, possibilità di carriera pressoché nulle e sistemi di classificazione del personale schiacciati sulle più basse qualifiche, programmi di formazione quasi mai finalizzati a far crescere in termini di professionalità. Tutto ciò sta minando la credibilità del settore agli occhi di giovani e non che, anche grazie alla ripresa delle assunzioni dell’industria, “ripiegano” (si fa per dire) su settori dove si lavora dal lunedì al venerdì e non si fanno dai 3 ai 4 spezzati in una sola giornata con semiturni “nani” anche da un’ora e mezza”.
Per Dell’Orefice, anche l’enorme ritardo nel rinnovo del contratto nazionale (scaduto nel 2019 ma con accordo ponte lo scorso Natale) è un fattore critico per gli addetti del commercio.

Trattenere i talenti

Dell’Orefice ha dato un giudizio generale sulla questione, ma Esselunga fa notare che ci sono tavoli aziendali aperti su queste tematiche. L’azienda rivendica, tra le diverse leve di talent attraction, “una politica retributiva progressiva, equilibrata e incentivante che rappresenta, insieme alla formazione continua e ai piani strutturati di sviluppo e crescita professionale, uno dei principali fattori di motivazione delle persone, oltre che un’importante leva di retention di talenti”.

Le politiche retributive del gruppo lombardo, si fa notare, “hanno come obiettivo quello di mantenere un forte legame tra remunerazione, meritocrazia e sostenibilità delle performance attraverso l’elaborazione di soluzioni retributive efficaci, allineate ai benchmark di mercato e che permettano ai dipendenti di perseguire obiettivi di miglioramento continuo delle performance professionali individuali e dell’intera struttura, mantenendo alte motivazioni ed engagement”.
Nel 2022 sono stati promossi 818 dipendenti a ruoli di maggiore responsabilità.

Allo scorso dicembre, il gruppo Esselunga comprendeva 25.073 addetti (in calo dell’1% rispetto al 2021), di cui il 45% donne. Il 94% dei dipendenti è assunto con contratto a tempo indeterminato e il 25% ha un contratto part-time.