di Emanuele Scarci

Via alle trattative per il rinnovo del contratto nazionale dell’industria alimentare ed è subito intesa. Almeno sulla parte economica, per quella normativa si vedrà nella riunione plenaria del 27-29 febbraio.

In dettaglio, nell’ultimo incontro tra sindacati i Fai, Flai e Uila e aziende è stato convenuto un incremento di 214 euro sul Tem (Trattamento economico minimo). Resta aperta la discussione sulle altre componenti del salario, sul welfare e su alcuni temi normativi. In partenza era stato richiesto un aumento salariale di 300 euro complessivi, ma anche la richiesta di riduzione dell’orario di lavoro, la definizione di un quadro nazionale per lo smart working, dei contratti flessibili e il miglioramento del welfare. Il contrato nazionale dell’industria alimentare, che riguarda oltre 400mila addetti, è scaduto lo scorso novembre.
Una velocità invidiabile se si pensa all’impasse per il rinnovo del contratto del commercio, scaduto da 3 anni.

Fronte ricompattato

Da rilevare che all’inizio del negoziato per il rinnovo del contratto nazionale, al fronte aziendale si sono unite Assalzoo, Assocarni e Italmopa, le tre associazioni che hanno costituito Federprima (la nuova federazione confindustriale che rappresenta le aziende della prima trasformazione con un giro d’affari di 25 miliardi di euro e 35mila addetti) e che nel 2020 non avevano firmato il contratto. Peraltro spaccando Federalimentare.
Ora le tre associazioni “dissidenti” hanno firmato il contratto del 2020 e hanno ricompattato il fronte datoriale, che adesso riunisce tutte le 14 associazioni del settore: Unionfood, Ancit, Anicav, Assalzoo, Assica, Assitol, Assobibe, Assobirra, Assocarni, Assolatte, Federvini, Italmopa, Mineracqua, Unaitalia.