di Emanuele Scarci

Il 2022 è stato un anno molto difficile per la distribuzione moderna italiana. Forse fra i più difficili che si ricordi. La tradizionale e puntuale indagine dell'Osservatorio Gdo Mediobanca stima la crescita dei ricavi 2022 al 6,7% con un utile operativo medio (quello prima degli interessi e delle tasse) quasi dimezzato: dal 2,4% all’1,4%. Tenuto conto dell’inflazione sui beni alimentari, si ipotizza che solo la metà degli operatori sarebbe in grado di assorbire gli aumenti dei costi operativi senza portare in negativo la marginalità. Quindi un retailer su due avrebbe margini negativi.
L’inflazione che ha raggiunto punte del 14% nel carrello della spesa ha dato una scossa alla domanda che, infatti, a gennaio 2023 è segnalata in calo del 6%. E il consumatore cosa ha fatto per recuperare potere d’acquisto? Si è rifugiato ancora di più nella confort zone della marca del distributore. Questa nel 2022 ha realizzato vendite per 12,8 miliardi (+9,4% sul 2021).
Anche il canale discount ha funzionato da paracadute nonostante abbia ritoccato pesantemente i prezzi (e qualcuno ha sacrificato anche la qualità): il canale ha raggiunto un’incidenza del 22% sulle vendite rispetto al 17,4% del 2017. Si è sgonfiata parzialmente anche la bolla della pressione promozionale, dal 28,3% del 2019 al 22,4% di settembre 2022, quale primo argine di difesa della Gdo verso l’incertezza sui costi e i problemi di approvvigionamento.
E’ proseguita anche la crescita nominale del canale on-line (+10,5% sul 2021) che comunque pesa soltanto per il 3% sul fatturato complessivo.

Frammentazione
La concentrazione del mercato italiano è rimasta stabile: la market share dei primi cinque retailer è del 57,1%, restando al di sopra di quella della Spagna (49,8%), ma lontana da Paesi Bassi (80,1%), Francia (78,4%), Gran Bretagna (75,4%) e Germania (75%).
Forte dinamismo nella Distribuzione organizzata tricolore: il peso è passato dal 33,3% del 2017 al 37,9% del 2021. Nel periodo 2018-2021, 14 operatori indipendenti sono entrati nel perimetro della Distribuzione organizzata, altri 5 si sono spostati all’interno del segmento. VéGé è il distributore che ha attratto il maggior numero di nuovi associati: 9; D.IT ha associato 3 aziende; 2 nuovi ingressi per Selex e Crai e uno ciascuno per C3, Agorà e Despar.
Quanto a vendite per metro quadro sul mercato domestico, il primato europeo spetta alla britannica J Sainsbury (15.500 euro), incalzata da Esselunga a 15.300. Seguono la canadese Empire (12.000), l’altra britannica Wm Morrison (11.900) e le due australiane Woolworths (11.500) e Coles (11.400).

Effetto controcifra
Mediobanca calcola che nel 2021 le vendite a valore dei retailer italiani hanno registrato un aumento del 3,5% rispetto al 2020, +10,8% sul 2017 (+2,6% medio annuo).
Dopo il boom del 2020 (propiziato dall’effetto pandemia), nel 2021 i bilanci dei retailer hanno subito un’erosione: l’utile operativo sul fatturato è risultato nella media in calo dal 2,4% al 2% del triennio precedente. Nel 2020 si era raggiunto il picco del 2,7%.
Spacchettando il dato per segmenti, la Do è calata dal 3,1% del 2020 al 2,7% del 2021, la Gdo dal 2,2% all’1,5% e i Discount dal 5% al 4,9%. Sul fronte degli investimenti, i discount si sono confermati i più dinamici: in crescita di oltre il 60% e la Do del 31%; in retromarcia la Gdo con il -14,1%.

La forza dei Discount
MD è campione di crescita delle vendite tra il 2017 e il 2021: +9,7% medio annuo, seguita da Lidl Italia (+8%) e Agorà (+7,6%). A ruota, il discounter Eurospin (+6,9%), poi Conad (+6,7%) e Selex (+5,2%). Nell’ultimo anno sono Agorà ed Eurospin a realizzare le migliori performance (+7,7% in entrambi i casi), davanti a Lidl Italia (+6,7%) e Finiper Canova (Iper-Unes) (+6,6%). A ridosso delle prime posizioni troviamo MD in progresso del 5,6% e Conad (+5,5%).
In termini di redditività del capitale investito (Roi), sul podio salgono 3 discounter: Eurospin con il 18,2%, seguita da MD (15,1%) e Lidl (11,3%). Quanto agli utili in cassaforte, Eurospin diventa regina di denari: gli utili cumulati nel periodo 2017/2021 ammontano a 1,286 miliardi, davanti a Esselunga con 1,195 miliardi. A relativa distanza, VéGé con 1,078 miliardi e Selex con 1,056 miliardi.
Sull’altro versante, Carrefour ha continuato ad accumulare perdite: 766 milioni nel quinquennio, Coop 410 milioni (per lo più riferibili a Coop Alleanza 3.0) e Penny Market 43 milioni.

Mondo cooperazione
Coop Alleanza 3.0 rimane la maggiore cooperativa italiana con vendite nel 2021 di 4,301 miliardi, seguita da Pac 2000 A con 3,921 miliardi, Conad Nord Ovest con 2,671 miliardi e Unicoop Firenze con 2,349 miliardi.
Il prestito soci del sistema Coop segna un’ulteriore passo indietro: dai 9,1 miliardi del 2017 è scivolato agli 8 miliardi del 2021. Negli ultimi 5 anni le Coop hanno realizzato proventi finanziari netti per 826 milioni e subìto svalutazioni finanziarie per 850 milioni.