Il Governo non ha ascoltato la richiesta ante Dpcm per la riapertura dei centri commerciali nel week end, lanciata, per primo, da Giorgio Santambrogio, amministratore delegato di Végé ed ex presidente di Adm, seguito a ruota da tutto il sistema distributivo e da tutte le associazioni di settore.

La domanda chiave l'aveva posta Roberto Zoia, presidente del Consigli nazionale dei centri commerciali: «Ci chiediamo come sia possibile pensare di tenere chiusi i negozi dei centri commerciali nei fine settimana più importanti di tutto l’anno, un anno tra l’altro estremamente catastrofico sotto il profilo delle attività economiche e che in alcun modo i provvedimenti del Governo potranno adeguatamente ristorare. Il Governo deve tenere conto di un settore che contribuisce in modo determinante all’economia del Paese e che dà occupazione a migliaia di dipendenti».

E così, in questo primo fine settimana, 5-6 dicembre, per giunta di ponte, gli shopping center sono rimasti fermi a eccezione di supermercati e alimentari, farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, tabacchi ed edicole. E la misura dovrebbe protrarsi, a rigore, fino al 15 gennaio 2021, quando scadrà il nuovo decreto.

La legnata è micidiale, visto che, già nei fine settimana ‘normali’ la maggior parte dei grandi complessi dello shopping, realizza il 50% del proprio incasso, per non parlare dei week end che precedono le feste natalizie e per non considerare la situazione, ancora peggiore, degli outlet, che vendono pochissimi beni di prima necessità e moltissimi prodotti di pregio, destinati, anche, a diventare regali.

Nel frattempo, sabato 5 e domenica 6, le grandi vie commerciali dei centri storici, dove i negozi erano aperti – a parte la ristorazione sulla quale l’accanimento dei politici sembra quasi maniacale (l’11 si potrà ripartire, ma solo fino alle 18, dunque niente cene) -, registravano il tutto esaurito anche perché, in un vortice di incoerenza, l’Esecutivo ha bloccato vacanze e vacanzine, intasando ancora di più le città con l'impedimento di varcare i confini regionali per evitare che gli italiani, se di colore diverso (rossi, arancioni e gialli) si infettassero a vicenda. E questo dopo avere invece permesso, in estate, l’esodo incontrollato verso i divertimentifici esteri.

Il 5 dicembre le associazioni di settore hanno fatto, di nuovo, fronte comune e Ancc-Coop, Ancd-Conad, Cncc -Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali, Confimprese e Federdistribuzione hanno espresso, quanto meno, preoccupazione e perplessità.

Due sono, secondo il documento congiunto, i principali effetti negativi: in primo luogo, la chiusura dei punti vendita non alimentari dei centri commerciali nei giorni festivi e pre-festivi del periodo natalizio è una grave limitazione al servizio dei cittadini, una misura contraddittoria rispetto all'obiettivo della prevenzione sanitaria, anche solo per l'inutile aggravamento degli assembramenti che si creeranno negli altri giorni e nei centri cittadini, oltre a generare un serio danno per migliaia di operatori.

Il secondo elemento, scrivono le organizzazioni, è l'incertezza generata dalle interpretazioni restrittive delle attività di vendita dei supermercati e ipermercati nei centri commerciali, con il divieto di vendere prodotti non alimentari presenti sugli scaffali, limitando l'accesso a beni di prima necessità quali assorbenti femminili, pannolini per bambini, carta igienica, prodotti per l'igiene personale o per la cura della casa.

I centri commerciali – fanno presente le associazioni - sono strutture sicure, che applicano misure e controlli stringenti sin dalle prime fasi dell'emergenza e che, essendo aziende a tutti gli effetti, adottano i protocolli in maniera scrupolosa, grazie a sistemi di vigilanza e sanitizzazione potenziati.

“Le Associazioni del commercio chiedono quindi con urgenza un intervento di modifica delle norme contenute nel Dpcm, eliminando le limitazioni agli esercizi che operano nei centri commerciali. Un intervento che produrrebbe un vantaggio per i consumatori, per le imprese e per la salute pubblica, riducendo il rischio degli assembramenti”.