Servizio, servizio, servizio. Parafrasando il celebre mantra degli agenti immobiliari, si potrebbe descrivere così il mercato delle spezie e degli aromi, che si conferma piuttosto marginale e non sembra risentire particolarmente dell’attuale situazione di stagnazione economica. Se, infatti, guardiamo ai dati relativi l’anno terminante ad agosto del 2010, si può constatare una sostanziale tenuta del settore sia a valore che a volume. In termini di fatturato in particolare, l’intero settore vale poco meno di 100 milioni di euro (99,970), con un incremento rispetto allo stesso periodo del 2009 dell’1,1 per cento, mentre a quantità si registra un calo di 1,4 punti percentuali, per un totale di 66,417 milioni di pezzi venduti.
Questa dinamica è da imputare in parte a un aumento, seppure contenuto, del prezzo medio, che nel periodo preso in considerazione ha fatto segnare un +2,5%, passando dagli 1,47 euro di media dell’agosto 2009 agli attuali 1,51. Una dinamica che ha interessato soprattutto un piccolo segmento come quello dello zafferano. “Tre anni fa il costo della spezia è quintuplicato – conferma Nerio Alfonso Danelli, direttore commerciale di Aromatica – e di conseguenza c’è stato un riposizionamento di prezzo, che è andato a incidere sul consumatore finale. I consumi sono inevitabilmente rallentati e in queste condizioni è difficile mantenere gli stessi volumi di vendita”.

Un potenziale inespresso
I dati sono sostanzialmente confermati anche dai protagonisti dell’industria. “In un anno di grande sofferenza di gran parte dei mercati alimentari – sottolinea Gabriele Innocenti, direttore vendite di Drogheria&Alimentari –, abbiamo registrato un’ottima perfomance sul totale Italia, con un + 12,3% a quantità e +18,7% di fatturato. La stessa marca privata, di cui siamo protagonisti, ha fatto segnare un trend positivo, con un + 6,6% a volume e un +9,9% a valore”.
Le dinamiche competitive all’interno del settore si basano essenzialmente sul cercare di capire e sopratutto anticipare mode e consumi, con un concetto di fondo ben preciso: quello del “prodotto di servizio”, caratterizzato da un packaging pratico e attraente. “L'esempio dei nostri sali – prosegue Innocenti – testimonia non tanto la novità di prodotto ma, attraverso il lancio dei “macinelli”, anticipa le tendenze del mercato con un formato che allestisce con colore ed eleganza la tavola; la vera innovazione sta nello stimolare la curiosità e la conoscenza di un prodotto basico come quello del sale”.
Se guardiamo ad altri Paesi europei, inoltre, e confrontiamo il consumo pro capite, l'Italia è la nazione che utilizza meno spezie (1/5 rispetto ai Paesi Nordici e quasi la metà nei confronti di Spagna e Francia) e il trend dei consumi nei prossimi anni dovrebbe dunque essere positivo, visto l'enorme potenziale ancora da sviluppare.

Combattere lo spauracchio “commodity”
Il rischio, per un mercato di servizio come questo, è sempre quello di essere percepito dal consumatore come una “commodity”. “Il mercato è sostanzialmente fermo a quantità – dichiara Giulio Salvaggio, direttore commerciale di Ariosto –, pur lavorando in un settore di nicchia che generalmente non risente delle condizioni economiche. Siamo un segmento piuttosto ghettizzato, dove Ariosto riveste un ruolo atipico essendo presente solo negli insaporitori. In termini commerciali abbiamo cercato di rafforzarci allargando tutta la gamma delle specialità, quindi non più solo carne, ma anche primi, secondi, pesce e altro”.
Proprio per evitare il rischio “commoditizzazione”, il segmento degli insaporitori e prodotti per bordo ha recentemente vissuto molti cambiamenti importanti. Le grandi aziende che competono in questo mercato, infatti, hanno investito molto sull’innovazione e, di conseguenza, la competizione si è spostata principalmente su questo fronte e su quello della comunicazione, come conferma Chiara Ferrua, marketing manager aree insaporitori & tonno di Star. “L’R&D rappresenta uno dei settori nell’ambito dei quali l’azienda investe da sempre. Per quanto riguarda questo comparto, in particolare, alla fine del 2009 è stata lanciata la nuova linea “I Brodi” che, nel primo semestre 2010 ha registrato un’incidenza del 3% sul fatturato dell'area retail. Tra le ultime novità del 2010 – prosegue Ferrua –, segnaliamo la linea Bio Star, ovvero una gamma di Dadi a base di soli ingredienti naturali provenienti da agricoltura biologica, senza glutammato, in due referenze (Gusto autentico e Dell’Orto), sviluppata alla luce di una sempre maggiore attenzione alla naturalità e alla salute da parte dei nostri consumatori”. Il lancio della nuova linea sarà supportato da una campagna di comunicazione a mezzo tv e stampa, on air a partire da gennaio 2011. Chi, al contrario, sta usufruendo proprio del fatto di essere percepito come commodity è il segmento del sale, che non sembra risentire della crisi. Ma non è tutto oro ciò che luccica. “All'interno del comparto sale – spiega Gemma Cervadoro, responsabile marketing di Compagnia Italiana Sali –, la ripartizione degli acquisti è fortemente cambiata, perché la scelta dei consumatori si è più concentrato sul prezzo che sulla qualità e il marchio. Così le quote di mercato del sale a marchio distributore e di quello discount sono in forte aumento, mentre il sale "premium" ha visto le proprie vendite calare. La Cis ha dovuto adattarsi a questo trend aumentando la quantità di marchi distributori del suo portafoglio prodotto”.

Iper e super guidano la crescita
Per quanto riguarda la canalizzazione, super e ipermercati recitano ovviamente la parte del leone, facendo registrare complessivamente una sostanziale tenuta a volume rispetto all’agosto 2009 (+0,3%) e un incremento del 2,2% a valore nello stesso periodo. Andando a scorporare il dato, però, si scopre che la performance positiva è da addebitare soprattutto agli iper, (+2,5% a quantità, +3,6 di fatturato), mentre nei supermercati si registra addirittura una perdita dell’1% a volume. Se il libero servizio, poi, fa segnare una sostanziale immobilità nelle quantità, crollano invece le vendite nel canale tradizionale, che sia in termini di volume che di fatturato fa segnare un -15% circa. Stesso andamento, infine, per i discount, che perdono 3 punti percentuali in termini di pezzi venduti. In questo contesto, diventa sempre più difficile emergere per i vari marchi presenti sul mercato. La Collina Toscana si propone investendo in innovazione e lanciando il marchio Montosco anche nelle spezie, nato cinque anni fa e registrato in 50 paesi nel mondo. “In un settore molto difficile come questo – spiega Vincenzo Giummarra, direttore commerciale dell’azienda –, abbiamo scelto di investire in ricerca e sviluppo, portando sul mercato un prodotto diverso, in grado di distinguersi rispetto agli altri. A tal fine, abbiamo realizzato un nuovo sito produttivo a Crotone, progettato in collaborazione con l’Università di Parma, sottoscrivendo al contempo accordi di filiera con gli agricoltori locali. Le nuove tecnologie brevettate di cui è dotato lo stabilimento, infatti, ci permettono di preservare l’intensità e il sapore fresco delle spezie e delle erbe”.