di Emanuele Scarci

Barilla pasta al dente. Nell’anno della pandemia la multinazionale di Parma aumenta i ricavi del 7%. Merito soprattutto dei mercati esteri. Barilla è uno dei 3 Big player dell’alimentare italiano, dopo Ferrero e Cremonini.

Nel 2020 il fatturato consolidato è stato di 3,89 miliardi di euro, di cui il 57% realizzato all’estero (55,4% l’esercizio precedente), l’utile netto è balzato del 55% a 351 milioni. Il giro d’affari è composto per il 55,2% dai prodotti primo piatto e per il 44,6% dai prodotti da forno. Il resto da prodotti vari.

Le vendite di pasta e sughi di Barilla hanno performato a doppia cifra, i prodotti da forno a una. Nell’area dei prodotti per il primo piatto (paste e sughi), la scuderia schiera in campo Voiello, Misko, Filiz, Yemina, Vesta e Tolerant. Nei prodotti da forno, Mulino Bianco, Pan di Stelle, Pavesi, Wasa e Harrys.

Il gruppo alimentare controlla 29 stabilimenti in 9 paesi ed esporta in oltre 100 mercati.

Balzo dei mercati esteri

Nel 2020 l’Italia si è confermata primo mercato per Barilla, con il 42,6%, dei ricavi, ma in calo di 2 punti. Il giro d’affari ha raggiunto 1,65 miliardi, +2,4%. Il secondo mercato è l’Europa più la Russia: 1,29 miliardi, +10,9%. Seguono le Americhe con 762 milioni, +10,5%, e Asia, Africa e Australia con 179 milioni, +14,7%.

L’abbondante liquidità ha consentito a Barilla di fare shopping: ha rilevato il pastificio triestino di Pasta Zara per 118 milioni con l’obiettivo di costruire l’hub per i mercati esteri. Per questo ha in corso un investimento di un miliardo di euro in 5 anni. Barilla ha inoltre acquisito la canadese Pasta Catelli da Ebro Foods e la quota di maggioranza di Pasta Evangelists nel Regno Unito.