Fondata in Francia, nel 2021, da Aurélien de Meaux (amministratore delegato), Augustin Derville (chief tecnology officer) e Julien Belliato (direttore generale), Electra ha fatto il proprio ingresso, in tempi recenti, anche sul mercato italiano, che si somma all’Esagono, alla Spagna e a Belgio, Austria e Svizzera.

La compagnia è specializzata nell’intero processo di installazione delle stazioni di ricarica in parcheggi accessibili al pubblico di centri commerciali e supermercati, hotel e ristoranti, città ed enti locali, facendosi carico di tutti gli investimenti necessari per trasformare e gestire gli hub, dall’acquisto del materiale alle pratiche amministrative, dalla progettazione all’installazione, dalla manutenzione al servizio clienti.

Quali sono i piani per il nostro Paese? Abbiamo posto la domanda a Eugenio Sapora, general manager di Electra Italia.

I vostri target?

L’obiettivo di Electra, che intende investire in Italia 200 milioni di euro da qui al 2035, è di rivoluzionare l'infrastruttura di ricarica, creando una rete capillare di stazioni ultraveloci

Perché l’Italia?

In Italia, a dicembre 2022, si contavano (dato Ernst & Young, ndr), circa 171 mila auto full electric circolanti, dunque relativamente poche, ma il loro numero è destinato a toccare i 6 milioni entro il 2030, secondo le stime del Piano energia e clima (Pniec). Oggi il 73% dei potenziali acquirenti è orientato all’acquisto di veicoli elettrici, considerando una sempre maggiore offerta da parte delle case automobilistiche, l’aumento della potenza delle batterie e della loro longevità, gli incentivi e i contributi messi a disposizione. Operiamo nel nostro Paese da circa 6 mesi, considerando la data finale di tutti gli adempimenti burocratici, ossia novembre 2022. A livello di gruppo posso dirle che Electra è nata da poco, ma ha già raccolto molti finanziamenti, per un totale di circa 240 milioni di euro, il che ne conferma la validità del progetto.

Possiamo citare qualche vostro cliente?

In Italia i contratti sono ancora in corso, dunque per riservatezza e per un po’ di scaramanzia, cito solo qualche nome estero. Per la distribuzione Casino, Système U, Delhaize e Intermarché. E poi, per il travel e centri commerciali, Altarea commerce, che in Italia vuol dire, fra l’altro, Centostazioni retail. Poi ci sono alcuni leader del mondo alberghiero – Accor invest, Louvre hotels group, Indigo - e del real estate, come Primonial reim France. Senza dimenticare Group Chopard, Vinci autoroutes, Lsgi e Jardiland.

Tornando nel Bel Paese, qual è attualmente il vostro lavoro?

Il nostro primo lavoro, ancora in larga parte in corso, è la ricerca di siti idonei, partendo dalle città e dai principali assi viari. È fondamentale sapere che le aziende come la nostra devono reperire location dove il guidatore sosti almeno per un breve periodo avendo qualcosa da fare: dunque i luoghi ideali sono le immediate vicinanze dei ristoranti, i parcheggi di supermercati, ipermercati e centri commerciali e il retail in senso lato.

Quanto tempo?

Dipende: con le colonnine ultrafast, come le nostre, per una ricarica di 100-150 chilometri basta un quarto d’ora, mentre per una completa servono circa 45 minuti.

Considerando gli altri mercati, in quale posizione si trova il nostro?

Premetto che il 2035 è la data chiave per tutti, visto che l’Ue ha stabilito che non si potranno più commercializzare, sul suo territorio, macchine a combustibile fossile. Dunque, il ‘fermento’ non è solo italiano, ma continentale. Alcuni Paesi, come Francia e Germania, sono un po’ più avanzati dal punto di vista dell’infrastruttura. Invece l’Italia è un po’ più indietro, complice anche la mancanza di sovvenzioni iniziali, cioè prima della svolta del Pnnr che, quest’anno, ha scongelato 713 milioni per piazzare 21 mila punti nuovi punti di ricarica su superstrade e in città entro il 2025. Ma visto che, in un mondo sempre più elettrificato, la direzione è tracciata, bisogna muoversi ora per aggiudicarsi le location migliori.

Più in dettaglio?

Francia e Germania hanno parchi di autoveicoli elettrici che sono 4 o 5 volte superiori al nostro e ciò è vero anche per l’infrastruttura, visto che le due cose sono interdipendenti, come nel classico paradosso dell’uovo e della gallina. Insomma, i due fattori decisivi, per uscire dall’impasse, sono, da un lato, l’ampliamento della rete e, dall’altro, del parco circolante. Ma si deve prima rendere accessibile, a un numero crescente di guidatori, l’auto elettrica, che resta su livelli più alti rispetto alle macchine a motore termico.

Ma oggi l’automobilista nostrano cosa sceglie?

Chi non ha particolari mezzi e magari dispone di un solo veicolo e lo deve cambiare, ha ancora una certa paura delle elettriche, perché teme, in fondo, di rimanere appiedato, non trovando colonnine nelle vicinanze. Poi, come dicevo, si sono i costi, visto che parliamo di qualche migliaio di euro in più da spendere, comprese le batterie, ancora piuttosto care. Certo l’elettrica piace: è moderna, silenziosa, ecologica, ma il budget è il budget… Credo, in sostanza, che debbano innescarsi economie di scala e che sia necessario spiegare meglio alle persone che un motore elettrico ha bisogno di molta meno manutenzione di uno a combustione e dico spiegare perché quello che si vede subito è il prezzo iniziale e quello che si vede dopo, anche molto dopo, considerando la solidità delle auto di oggi, è il risparmio in termini di minori interventi di cura dei motori.

Costi e margini. Cosa possiamo dire?

Oggi l’installazione delle colonnine non è più gratuita per noi: le proprietà immobiliari chiedono un affitto. Inoltre, installare una stazione superveloce comporta, per gli operatori, un investimento medio di mezzo milione di euro. Ultimo, ma primo in classifica, è l’acquisto di energia da terzi che ha un’incidenza davvero molto pesante, fattasi ancora più onerosa dopo il conflitto russo-ucraino. Il nostro fatturato, che deriva proprio dalla vendita di energia, ha dunque margini che vanno ben studiati, per incoraggiare il cliente finale, mantenendo la redditività.

Meglio il cliente pubblico o quello privato?

Impossibile dare una risposta univoca. Diciamo che i Comuni sono più lenti nelle commesse, avendo una procedura burocratica molto articolata e che comporta, fra l’altro, appalti, o manifestazioni di interesse. Ma anche qui molto dipende dalle città, che possono essere più o meno avanzate. I municipi avanguardisti stanno creando reti solide e abbastanza capillari, mentre molti altri si limitano a osservare. Nel privato il panorama è altrettanto vario, dai gruppi che hanno già siglato accordi con le aziende di installazione, a quelli che stanno ancora ‘guardandosi in giro’. Sicuramente la rete italiana è, dal lato della committenza, un buon mix di questi due settori. Per il privato si stanno muovendo horeca e retail in generale, compreso, naturalmente, il travel retail e le classiche stazioni carburanti. Il privato è più veloce anche perché qualsiasi attività di business desidera aumentare i propri clienti e, dunque, erogare servizi aggiuntivi. Classico l’esempio del supermercato e del superstore…

Insomma, il retail è lo zoccolo duro…

Questo è vero, ma, anche fra i retailer, permane molta confusione, specie sulle potenze di ricarica. Alcuni, inoltre, installano colonnine solo per adempiere a obblighi normativi. Secondo il legislatore, infatti, ci vuole una stazione in tutti i parcheggi degli edifici residenziali, bisogna coprire, con una colonnina, almeno il 20% dei parcheggi degli edifici non residenziali e tutti gli edifici non residenziali, con più di 20 posti auto, dovranno piazzare almeno un punto di ricarica entro il 1° gennaio 2025. Ma non si precisano le potenze.

Le colonnine domestiche sono pericolose concorrenti?

Il mondo del rifornimento di domani sarà molto diverso. Indubbiamente avremo una diffusione crescente di soluzioni personali, specie nelle aree meno densamente abitate, o rurali. Il prezzo è alto ma non altissimo (secondo varie fonti si va da un minimo di 700 fino a 1.500 euro, che diventano 3.500 con le opere murarie, ndr). Ma non si può fare un vero discorso di concorrenza fra rete domestica e rete professionale, visto che i prodotti sono diversi come lo sono i contesti geografici: in una grande città le colonnine ultraveloci sono già abbastanza diffuse, anche perché l’acquisto di un box auto è molto oneroso.

Quale marketing per il vostro settore?

Gli abbonamenti, le promozioni e il marketing in genere sono sicuramente possibili: tant’è vero che le grandi compagnie petrolifere sono piuttosto attive. Peccato che in genere l’automobilista non si preoccupi troppo di scegliere il fornitore, anche se ha acquistato una scheda prepagata o se ha una fidelity card. Come la benzina, la ricarica si fa al bisogno, dove è comodo, o indispensabile. Di nuovo il discorso centrale, ciò che fa la differenza, è la capacità di scegliere le giuste collocazioni sul territorio, che sono poi quelle dove il cliente ha la possibilità, o il bisogno, di trascorrere un po’ di tempo.