Dopo il 2018, annus terribilis dell’olio d’oliva, il settore tira un sospiro di sollievo, grazie alle previsioni di produzione con il segno “+”. Ma, accanto alle luci, sono ancora tante le ombre del comparto oleario, che appare ostaggio di vecchie rigidità e nuove tensioni. L’analisi è di Assitol, Associazione Italiana dell’Industria Olearia, a chiusura del 2019.

La principale nota positiva riguarda la campagna olearia che, ormai in una fase avanzata, si attesta sulle 300mila tonnellate annunciate a ottobre dalle associazioni agricole. Tuttavia, episodi di meteo estremo e problematiche ancora irrisolte come la Xylella nel Salento hanno inciso negativamente sul settore. Dal punto di vista produttivo, l’Italia non è omogenea: mentre il Sud appare in grande ripresa, Lazio, Toscana, Liguria ed il Garda sono in sofferenza. Si conferma il deficit produttivo nazionale: la nostra olivicoltura non riesce a soddisfare le 500mila tonnellate richieste dal mercato italiano.

Intanto, secondo le previsioni degli operatori di mercato, nel Mediterraneo la Spagna olivicola continuerà a correre (1.250.000 tonnellate), anche grazie a forti giacenze della campagna precedente. Seguono la Tunisia, con 330mila tonnellate, la Grecia con 240mila tonnellate, Turchia (160mila ton.) e Portogallo (130mila ton.).

La produzione mondiale di oltre 3 milioni di tonnellate, le importanti giacenze olearie, soprattutto in Spagna, e la stessa produzione italiana in crescita spiegano i prezzi bassi, del tutto normali in un mercato che può contare su quantitativi notevoli di materia prima e consumi in lieve flessione nei Paesi produttori. E’ invece preoccupante il fenomeno delle vendite sottocosto, che danneggia, proprio all’avvio della campagna olearia, l’intera filiera olivicolo-olearia e rende sempre meno redditizie le attività di produzione e confezionamento dell’olio d’oliva.

Nonostante le tensioni internazionali, la storica propensione all’export delle aziende italiane è stata premiata. Secondo le stime dell’Associazione, il 2019 ha registrato una sostanziale tendenza alla stabilità (+1,1%), con una leggera crescita sui mercati UE ed un aumento più significativo nei Paesi Terzi. In Europa Germania, Francia, Regno Unito e Belgio sono i maggiori acquirenti di oli d’oliva, mentre a livello mondiale gli Stati Uniti si confermano il principale buyer dei nostri prodotti, seguiti dal Canada, Giappone e Australia.