E’ la rivista inglese “The Ecologist”, poi ripresa dall’”Indipendent”, a svelare l’ennesimo scheletro nell’armadio che coinvolge una multinazionale.

L’accusa riguarda Coca-Cola, produttrice tra l’altro di Fanta, che a Rosarno di Calabria, avrebbe fruito del trattamento inumano dei lavoratori africani addetti alla raccolta delle arance. Coca Cola, ovviamente, nega ogni accusa diretta e afferma che il suo fornitore calabrese è certificato da un revisore indipendente, ma ammette che essa non è in grado di controllare ogni fattoria o consorzio in cui il succo può essere stato acquistato. Intanto però la multinazionale si prepara a fare i bagagli e, secondo Coldiretti, comincia a disdire parecchi contratti con i trasformatori.

Scrive l’autore dell’inchiesta, Andrew Wasely, riferendo anche le parole di alcune vittime dello sfruttamento: “Di norma guadagnano 25 euro per una giornata di lavoro. Essi sono spesso reclutati da “gangmaster” che agiscono per conto dei proprietari agricoli per approfittare della pronta fornitura di manodopera a basso costo. Molti dei migranti di Rosarno e della campagna circostante vivono in condizioni spaventose, in edifici o in baraccopoli di fortuna ai margini della città. Non c'è elettricità e acqua corrente. In molti casi non c'è tetto. Nel più grande slum alcuni dei lavoratori sono costretti a dormire fuori, anche in inverno”.

E intanto il primo cittadino, Elisabetta Tripodi, è costretta a vivere sotto costante protezione per le minacce della mafia, che qui regna sovrana.