Le aziende ovviamente sono sempre più in difficoltà per colpa dell'aumento delle accise, denuncia in una nota Assodistil, l’associazione dei distillatori. L'equazione emerge con forza dai dati dell'Osservatorio congiunturale presentato ieri a Roma. Lo studio, effettuato dalla società di ricerche Format, ha messo in evidenza come i progressivi aumenti delle tasse sulle bevande ‘spiritose’ (sic!) abbiano eroso i fatturati aziendali, colpendo, in una sorta di effetto domino, i posti di lavoro e i prezzi finali dei prodotti.
Dall'aumento delle imposte di consumo nel 2006 a quello dell'ottobre 2013, quasi un terzo dell'intero comparto ha visto diminuire il giro d'affari, mentre 7 industriali su 10 identificano proprio la raffica di aumenti come prima causa della riduzione dei fatturati. “I prezzi più alti provocheranno un'ulteriore contrazione delle vendite di distillati nazionali – ha spiegato Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil – mettendo a rischio la sopravvivenza delle nostre aziende”. In base ai dati dell'Osservatorio, per oltre il 40% degli imprenditori, il rischio di licenziamenti e, nella migliore delle ipotesi, blocco delle assunzioni è già una realtà”.
La denuncia viene soltanto a un giorno di distanza dall’atto di accusa lanciato da Assobirra. Anche se qui il tenore alcolico è ridotto, il fisco si accanisce quanto può e uno studio realizzato da REF chiarisce che gli aumenti delle imposte (+30% in 15 mesi) programmati dallo Stato toglieranno 68 milioni di euro dai 177 di incremento atteso.
“La birra – spiega Alberto Frausin, Presidente di AssoBirra – è l’unica bevanda alcolica da pasto gravata da accisa in Italia e il Governo ha deciso di aumentare ancora la tassazione sul nostro prodotto. Ma quando aumentano le tasse il prezzo della birra sale, si riducono i consumi e, come dimostra lo studio REF, anche lo Stato non ci guadagna quello che ha programmato… Mentre l’effetto depressivo di questi aumenti sull’occupazione, soprattutto giovanile, resta: fino a oggi abbiamo già bruciato, con i primi 2 aumenti, 1.200 posti di lavoro in settori strategici come l’industria alimentare, l’agricoltura, la distribuzione, bar e ristoranti. Ma siamo ancora in tempo a fermare l’ultimo aumento previsto a gennaio, salvaguardando in questo modo la fonte di reddito di 1.200 famiglie italiane. Ben 100.000 italiani sono con noi, hanno firmato la nostra petizione e ci chiedono di andare avanti”.
E’ stata infatti lanciata qualche mese fa la campagna “salvalatuabirra” (www.salvalatuabirra.it), che in pochi mesi è riuscita a raccogliere oltre 100.000 firme contro l’innalzamento delle tasse e a lanciare una proposta (#stopaumentoagennaio) attorno alla quale continua a raccogliersi un movimento popolare spontaneo, oltre a un’intensa attività di social networking.