A poche ore dal nuovo Dpcm, in vigore da domani, 6 novembre fino al 3 dicembre, si registrano le prime reazioni e quantificazioni da parte di alcune associazioni di categoria. La situazione è in divenire ed è scontato aspettarsi molti altri commenti.

Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi): 1,6 miliardi di perdite

“Nei prossimi 30 giorni è prevista la sospensione dell’attività di circa 90.000 pubblici esercizi, il 27% del totale, con 1,6 miliardi di euro di consumi in meno e 306.000 lavoratori costretti a casa. Tutto questo nelle zone rosse (Lombardia, Piemonte, Calabria e Valle d’Aosta, ndr.) dove verranno applicati i provvedimenti maggiormente restrittivi. Quello che si sta abbattendo sulle imprese della ristorazione è un vero e proprio tsunami. Come testimoniano i dati del registro delle imprese del settore camerale, infatti, la situazione dei pubblici esercizi era già drammatica prima dell’ultimo provvedimento, con 10.000 imprese in meno tra marzo e ottobre 2020, rispetto allo scorso anno”

Cncc (Consiglio nazionale dei centri commerciali): disparità di trattamento

“Il nuovo Dpcm stabilisce all’art.1 la chiusura, nelle giornate festive e prefestive, delle attività commerciali al dettaglio presenti all’interno dei centri commerciali e dei mercati, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, edicole e tabacchi. Nella versione definitiva di tale articolo è stato — incomprensibilmente - eliminato il riferimento alle “medie e grandi strutture di vendita”, dando così vita ad un’immotivata, ingiustificata e ingiustificabile discriminazione fra le attività presenti all’interno o all’esterno di un centro commerciale e a una grave distorsione della leale concorrenza. Se il criterio adottato è effettivamente quello del potenziale rischio di assembramento o di mancato rispetto del distanziamento sociale all’interno di una struttura di vendita, non si comprende come tale rischio possa essere differente a causa della sua localizzazione. A parità di metratura, infatti, al di fuori dei centri commerciali, una “grande struttura” - di oltre 2.000 metri quadri - che vende complementi d’arredo, articoli di elettronica, di ferramenta o prodotti per il bricolage sarà aperta al pubblico (fatta eccezione per le zone rosse, dove restano aperte solo le attività indispensabili, ndr.), mentre un esercizio equivalente all’interno di una galleria dovrà essere chiuso nei fine settimana e negli altri giorni festivi e prefestivi senza una oggettiva motivazione”.

Federmoda Milano: 3,7 miliardi di perdite

“Il settore moda, importante pilastro dell'economia milanese e lombarda, è in grave crisi. Ben 12 mila negozi in Lombardia hanno subito un drastico calo delle vendite, di oltre il 50%, soprattutto per l’assenza dei turisti e l’elevato utilizzo dello smartworking. FederModa Milano prevede, con questo ulteriore lockdown, una perdita complessiva di oltre 3,7 miliardi di euro di consumi nel solo dettaglio moda milanese a fine anno, con la chiusura definitiva di 350-400 punti vendita su oltre 2.500 nel capoluogo e conseguente importante ricaduta sull’occupazione”.

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