A fare lo scoop è stato il Corriere Economia: Mercadona lascia l’Italia. Ma come lascia l’Italia, se non era neanche mai entrata, nonostante i reiterati annunci di volersi aggiudicare una catena, da Esselunga a una realtà più piccola, possibilmente collocata nel Nord del Paese?

Il fatto è che il gruppo spagnolo aveva da noi una testa di ponte, oggi dismessa, di 8 persone, addette a studiare a fondo il mercato per trovarvi nuove opportunità di sviluppo e per invitare alcuni dei nostri imprenditori a visitare il mito del commercio iberico.

Quello che sorprendono un po’ sono le motivazioni addotte dal nostro maggiore quotidiano per questo piccolo taglio, che sarebbero da ricercarsi nella crisi del nostro mercato. Come se Mercadona non fosse abituato a fare fronte alla recessione nel proprio Paese di origine. Come se Mercadona non potesse permettersi 8 salari dirigenziali in più, oltre ai 17.000 addetti che già sono a libro paga, che diventano 400.000 se si considera anche l’indotto.

Secondo quanto risulta a Distribuzione Moderna le ragioni della rinuncia dipenderebbero non solo dalla crisi tout court, ma dall’aggravante del modello di sviluppo del retailer spagnolo, un modello ancora molto tradizionale, attraverso punti di vendita fisici e acquisizioni, voluto dal padre-padrone Juan Roig, che tuttavia non è certo troppo anziano, 64 anni, per nuove avventure.

Se è vero che Mercadona vende bene e tanto anche on line, la strategia multicanale sull’estero sarebbe, sempre secondo quanto abbiamo appreso, troppo sfilacciata. E Roig non vedrebbe di buon occhio modelli evolutivi light, tipo la posa di corner Haciendo, la marca privata di casa (40% sul fatturato), presso un partner, magari lo stesso Bernardo Caprotti, che sembrava intenzionato a vendere a Roig la sua Esselunga e che ha sempre dimostrato un grandissimo senso pratico, a patto che l’alleanza sia di tipo minoritario per la controparte e win-win per entrambi.

E nemmeno sarebbe pensabile, con l’attuale governance, una penetrazione mediante un semplice shopping on line, incardinato ovviamente su una piattaforma di terzi già esistente (esselungaacasa.it, e-coop e simili). Oggi molti iniziano così, e l’e-commerce soppianta quello che una volta era il compito del flagship. Perché così avrebbe dovuto iniziare Roig, digerendo il fatto di non avere praticamente, con la propria insegna, nessuna notorietà presso l’italico consumatore.

Allora sì che la motivazione della crisi regge – in quanto presuppone fortissimi costi - mentre senza queste considerazioni diventa fragile. Fragile date le cifre di Mercadona, sempre riportate dal Corsera: 19 miliardi di fatturato, 508 milioni di profitti netti, 650 di investimenti, 3,5 punti di contributo al Pil spagnolo, una redditività eccezionale per la gdo, pari a quella di Esselunga, ossia un poco al disopra dei 16 milioni al metro quadro.
A fare lo scoop è stato il Corriere Economia: Mercadona lascia l’Italia. Ma come lascia l’Italia, se non era neanche mai entrata, nonostante i reiterati annunci di volersi aggiudicare una catena, da Esselunga a una realtà più piccola, possibilmente collocata nel Nord del Paese?

Il fatto è che il gruppo spagnolo aveva da noi una testa di ponte, oggi dismessa, di 8 persone, addette a studiare a fondo il mercato per trovarvi nuove opportunità di sviluppo e per invitare alcuni dei nostri imprenditori a visitare il mito del commercio iberico.

Quello che sorprendono un po’ sono le motivazioni addotte dal nostro maggiore quotidiano per questo piccolo taglio, che sarebbero da ricercarsi nella crisi del nostro mercato. Come se Mercadona non fosse abituato a fare fronte alla recessione nel proprio Paese di origine. Come se Mercadona non potesse permettersi 8 salari dirigenziali in più, oltre ai 17.000 addetti che già sono a libro paga, che diventano 400.000 se si considera anche l’indotto.

Secondo quanto risulta a Distribuzione Moderna le ragioni della rinuncia dipenderebbero non solo dalla crisi tout court, ma dall’aggravante del modello di sviluppo del retailer spagnolo, un modello ancora molto tradizionale, attraverso punti di vendita fisici e acquisizioni, voluto dal padre-padrone Juan Roig, che tuttavia non è certo troppo anziano, 64 anni, per nuove avventure.

Se è vero che Mercadona vende bene e tanto anche on line, la strategia multicanale sull’estero sarebbe, sempre secondo quanto abbiamo appreso, troppo sfilacciata. E Roig non vedrebbe di buon occhio modelli evolutivi light, tipo la posa di corner Haciendo, la marca privata di casa (40% sul fatturato), presso un partner, magari lo stesso Bernardo Caprotti, che sembrava intenzionato a vendere a Roig la sua Esselunga e che ha sempre dimostrato un grandissimo senso pratico, a patto che l’alleanza sia di tipo minoritario per la controparte e win-win per entrambi.

E nemmeno sarebbe pensabile, con l’attuale governance, una penetrazione mediante un semplice shopping on line, incardinato ovviamente su una piattaforma di terzi già esistente (esselungaacasa.it, e-coop e simili). Oggi molti iniziano così, e l’e-commerce soppianta quello che una volta era il compito del flagship. Perché così avrebbe dovuto iniziare Roig, digerendo il fatto di non avere praticamente, con la propria insegna, nessuna notorietà presso l’italico consumatore.

Allora sì che la motivazione della crisi regge – in quanto presuppone fortissimi costi - mentre senza queste considerazioni diventa fragile. Fragile date le cifre di Mercadona, sempre riportate dal Corsera: 19 miliardi di fatturato, 508 milioni di profitti netti, 650 di investimenti, 3,5 punti di contributo al Pil spagnolo, una redditività eccezionale per la gdo, pari a quella di Esselunga, ossia un poco al disopra dei 16 milioni al metro quadro.