di Luca Salomone

La futura normativa packaging dell’Unione europea (nota anche come Ppwr, Proposal for a revision of Eu legislation on packaging and packaging waste) infiamma gli animi nel nostro Paese, a cominciare dal Ministro dell'ambiente, Gilberto Pichetto: «Il voto in Commissione ambiente del Parlamento europeo sul regolamento imballaggi conferma le nostre preoccupazioni: si continua ad andare verso un sistema che non valorizza il modello vincente italiano, ma che lo mette a rischio. Continueremo la nostra battaglia in tutte le sedi comunitarie per difendere le ragioni di una filiera innovativa, che supera i target Ue con diversi anni di anticipo e che dà lavoro, tutelando l'ambiente e affermando i più avanzati principi dell'economia circolare».

Il voto della Commissione Envi e i traguardi nazionali

Il fatto è che, martedì 24 ottobre, la commissione parlamentare Envi (Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare) ha detto sì al progetto normativo, con 56 voti a favore, 23 contrari e 5 astensioni. Poi, in novembre, si andrà alla sessione plenaria Parlamento-Consiglio.

Ma perché il futuro regolamento, è tanto malvisto nei nostri confini, nonostante sia un pacchetto che, in estrema sintesi prevede un taglio degli scarti da packaging anche grazie al riutilizzo e con un primo target di riciclo e riuso fissato al 55 per cento per il 2025?

Perché, appunto, metterebbe in difficoltà un modello italiano che ha dato prova di grande efficienza. Ecco alcuni dati.

Corepla (Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica) riferisce che, in 25 anni, il materiale avviato al riciclo è passato – in Italia - da 228.000 tonnellate a oltre 1.050.000 nel 2022 e la copertura dei Comuni è aumentata dal 77% del 2002 al 97% di oggi.

Carta: Unirima (unione nazionale imprese raccolta, recupero, riciclo e commercio dei maceri e altri materiali) fa rilevare, che grazie alla capillarità degli impianti sul territorio (716 distribuiti tra Nord e Sud) e a un forte incremento delle esportazioni (+10% rispetto al 2021 e +99,9% rispetto al 2022), il tasso di riciclo si conferma, per la nostra Penisola, al di sopra della media europea e del target Ue al 2025. La quota di riuso della carta è salita dal 72,8% al 75,7% nel 2022 (+2,9%) e quella degli imballaggi ha toccato l'81,2 per cento.

Lo stesso per il vetro. Il consorzio Coreve afferma che, sempre lo scorso anno, è stato riciclato il 79 per cento dei materiali.

Confcommercio: si rischia di inquinare di più

Ma le stime, a livello continentale, dicono che, nel 2021, a ogni cittadino europeo corrispondevano 188,7 kg di rifiuti da imballaggio generati, un dato che – senza le debite misure - potrebbe salire a 209 kg nel 2030.

Da parte degli italiani ci sono, infine, altre perplessità. Citiamo solo la posizione di Confcommercio: “Introdurre il divieto di utilizzo di determinati imballaggi (per esempio, per cibo venduto in piccole quantità, come nel caso del monouso distribuito al dettaglio) non solo contrasta con le regole di protezione e conservazione degli alimenti e di tutela della salute del consumatore, ma genererebbe anche un maggior inquinamento ambientale dovuto al trasporto di ritorno degli imballaggi dopo il loro uso, nonché al lavaggio e all'asciugatura, che impiegano più energia, più acqua e più risorse di quelle necessarie per la produzione e l’utilizzo di imballaggi monouso”.

Sempre a parere della Confederazione, poi, non sarebbe certo ottimale la prevista introduzione di un sistema obbligatorio di cauzionamento. “L’obbligo di questo sistema per il riciclo è poco utile in Italia, perché esiste già un circuito efficace di raccolta differenziata e di valorizzazione degli imballaggi; è economicamente dannoso, perché determinerebbe una duplicazione di costi economici e ambientali, in quanto si andrebbe ad affiancare, senza sostituirsi, alle raccolte differenziate tradizionali; è difficilmente realizzabile, perché verrebbero introdotti gravi problemi di carattere logistico e organizzativo per le imprese non strutturate al fine di gestire tutti gli adempimenti che il sistema necessariamente richiede. Dunque, il cauzionamento dovrebbe, se mai, essere adottato su base volontaria. Gli esercizi commerciali, per esempio, devono poter rifiutare un contenitore fornito da un cliente se lo ritengono non igienico o inadatto al cibo o alla bevanda venduti”.