Come affermato, infatti, da Lisa Ferrarini (presidente di Assica, Associazione italiana delle carni e dei salumi) l’abbattimento delle barriere è fondamentale per limitare le perdite economiche delle aziende e permettere loro di essere più competitive sul mercato internazionale.
Ne è un esempio la situazione presente negli Stati Uniti, dove non è consentita l’esportazione di referenze a breve stagionatura come salami, pancette e coppe, ma soltanto l’invio di prodotti cotti come mortadella e prosciutti stagionati oltre i 400 giorni: un danno annuale stimabile in 18 milioni di euro, derivante dal blocco alle frontiere di circa 2.000 tonnellate di salumi.
L’export si conferma comunque uno dei punti chiave per i produttori italiani del settore, che – vista la saturazione del mercato interno – si rivolgono all’estero per crescere. Lo dimostra, ad esempio, il Consorzio del prosciutto di Parma Dop cresciuto del 4% sui mercati internazionali, per un giro d’affari complessivo di 1,5 miliardi di euro.