di Claudia Scorza

Secondo quanto emerso dalla settantasettesima assemblea annuale di Assodistil, il 2022 si è chiuso col segno più per le imprese del settore: aumentano sia la produzione di alcol e acquaviti sia l’export.

Particolarmente interessante la ripresa della produzione (+12%) e l’incremento delle esportazioni della grappa (+8%) rispetto al 2021. Tuttavia, con l’introduzione delle misure preannunciate dall’Unione Europea che mirano a demonizzare il consumo di bevande alcoliche, inclusa l’introduzione della cosiddetta etichetta sanitaria, e la contemporanea assenza di strumenti legislativi che garantiscano la necessaria tutela e promozione delle bevande spiritose a Indicazione Geografica, si mettono a rischio fino a 1.000 posti di lavoro solo nelle distillerie.

Nonostante nel 2022 la produzione italiana sia aumentata del 15% in volumi rispetto all’anno precedente (circa 120 milioni di litri) e un fatturato di 500 milioni, il 2023 presenta molteplici sfide per il comparto. Iniziative come, ad esempio l’etichetta sanitaria contenente l’introduzione di informazioni nutrizionali e sulla salute nella presentazione delle bevande alcoliche prevede di fatto l’esclusione di questi prodotti dai fondi di promozione per i prodotti agricoli.

«Assodistil ha attivato un’intensa attività istituzionale per manifestare la propria contrarietà a ogni misura ingiustificatamente denigratoria per il settore. A proposito di restrizioni sul consumo di alcool, vogliamo sottolineare come non si debba e non si possa separare il consumo di vino da quello delle bevande spiritose, ma occorre portare avanti un’unica battaglia in quanto l’etichetta non risolverebbe il serio problema dell’abuso di alcolici, ma rischierebbe di oscurare il contributo positivo che la produzione di distillati offre in termini di occupazione e di sostenibilità», spiega Antonio Emaldi, presidente di Assodistil.

Secondo i dati di Format Research, il 53% delle imprese della distillazione troverebbe interessante promuovere un piano di eventi promozionali da tenersi nei Paesi dell’Ue per incrementare la conoscenza del prodotto e le vendite, cosa che non sarebbe assolutamente più realizzabile con l’entrata in vigore dell’etichetta sanitaria. Azzerare i progetti di promozione per la grappa e per gli altri spirits rischia di vanificare la ripresa dell’export di tutte le acquaviti e liquori.

Secondo le rilevazioni di Nomisma, nel 2022 l’export di grappa ha fatto registrare 60 milioni di euro (rispetto ai 51,5 milioni del 2021), dato che si traduce in +16% in valore e +8% in volume. Tra i mercati internazionali che apprezzano di più la grappa vi è la Germania, che da sola concentra ben il 59% dell’export di settore, seguita da Svizzera (14%) e Austria (5%). Da segnalare anche il positivo risultato nel mercato Usa (+31% di export in volume) dove da 5 anni sono attivi progetti di promozione della grappa Ig.

A questo si aggiunge il fatto che ancora oggi risulta inspiegabilmente sospeso il Decreto sui Consorzi di tutela delle bevande spiritose, strumento cruciale per la tutela e promozione delle produzioni tradizionali nazionali.

«Auspichiamo che finalmente venga firmato il Decreto che riconosce il Consorzio della Grappa fermo da cinque anni», prosegue Antonio Emaldi. «Le bevande spiritose devono poter usufruire delle stesse prerogative di cui godono i vini e gli alimenti a Ig, altrimenti con il rischio di produzione di bevande a nome grappa fuori dall’Italia rischia di compromettere il fatturato del comparto che per i soli distillati vale circa 500 milioni».