E’ bufera sulle date di scadenza dei prodotti alimentari, non quelle assolute ovviamente, ma sul cosiddetto “best before”. Bruxelles vorrebbe eliminare da molti prodotti il Tmc, termine minimo di conservazione: da pasta, caffè, riso, sostitutivi del pane e via dicendo. Sparirebbe dunque la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”, che rimarrebbe invece sugli alimentari più sensibili, come alcuni formaggi e yogurt, tanto per citare a caso.

Questo perché, secondo l’Unione, in nome del Tmc troppi beni finiscono, ancora buoni e per nulla rischiosi, nella spazzatura, generando uno spreco alimentare che le autorità centrali valutano in 89 milioni di tonnellate l’anno. Il provvedimento, allo stato di progetto, passerà oggi all’esame dell’Agrifhish, ossia il Consiglio dei Ministri Ue dell’Agricoltura e della Pesca. Sono comunque decisioni lunghissime, che a volte richiedono mesi o addirittura anni. E’ dunque altamente improbabile che si arrivi in giornata a un provvedimento. Dietro a tutto questo il solito conflitto, non privo di enormi risvolti di carattere economico, tra i Paesi nordici, importatori, che sono per l’abrogazione, e i Paesi del Sud e del Mediterraneo, esportatori e produttori, che sono per il mantenimento.

In Italia si respira aria di prudenza e in certi casi di apprensione e indignazione. Ieri il Ministro Maurizio Martina, Politiche Agricole e Forestali, invitava appunto alla cautela nell’interesse del consumatore, ma anche del bene collettivo. Coldiretti ha espresso un parere più netto, in difesa della qualità e smascherando i conflitti di interessi.

“Con l’eliminazione della “data di scadenza” – scrive la Confederazione - l’Unione Europea taglia di fatto la qualità del cibo in vendita in Europa che con il passare del tempo perde le proprie caratteristiche nutrizionali in termini di contenuto in vitamine, antiossidanti e polifenoli che fanno bene alla salute ma anche quelle le proprietà organolettiche, di fragranza e sapore dal quale deriva il piacere di stare a tavola. Si tratta del solito tentativo dei Paesi del Nord Europa di livellare il cibo sulle tavole europee a uno standard di qualità inferiore al nostro con la scusa di tagliare gli sprechi alimentari. La tendenza al contenimento degli sprechi – conclude Coldiretti - è forse l’unico aspetto positivo, in una situazione in cui ogni persona in Italia ha comunque buttato nel bidone della spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari durante l’anno”.