Nonostante l’ultimo raccolto sia stato scarso, le mele costituiscono quasi un caso unico nel mondo ortofrutticolo italiano: infatti la domanda è costantemente vivace. Il merito è anche dovuto alle profonde logiche di marketing del segmento, che vedono schierati consorzi e marchi che rivaleggiano ad armi pari con le altre imprese del largo consumo. Le mele, insomma, hanno rifiutato l’etichetta di commodity, per dare valore al prodotto, al brand, alla comunicazione.

In questo mercato, moderno e competitivo, si è registrato ieri un nuovo importante ingresso, quello di Melavì, organizzazione di produttori che concentra su di sé la mela tipica coltivata nelle terre valtellinesi, per un totale di 30.000 tonnellate, conferite dai 700 soci. La poltrona di presidente è andata a Gianluigi Quagelli, che dovrà dirigere 130 dipendenti, che diventano 160 durante i picchi stagionali della raccolta (settembre-ottobre).

“Una decisione straordinaria e per certi versi storica che aiuterà i produttori valtellinesi ad essere più forti sul mercato interno, e a conquistare anche quelli lontani: è a questo che servono le cooperative, a valorizzare il lavoro dei soci agricoli e a renderli protagonisti”: commenta il presidente di Fedagri e dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari Maurizio Gardini.

La superficie coltivata è complessivamente di 800 ettari, tutti in altitudine, su terreni in pendenza e ben esposti al sole. I volumi di fatturato della Mela di Valtellina, che nel 2010 ha ottenuto il riconoscimento comunitario IGP, oscillano tra i 20 e i 23 milioni di euro, ottenuti prevalentemente dalla commercializzazione a livello nazionale.