Non rappresentano certo una sorpresa i risultati della II Indagine Nazionale sulla vendita dei farmaci da banco nelle farmacie, parafarmacie e corner della distribuzione moderna. Lo studio, presentato pochi giorni fa e realizzato dal Creef (il Centro Ricerche Economiche, Educazione e Formazione di Federconsumatori) evidenzia un fatto noto a tutti: a tre anni dalle liberalizzazioni, l’ampliamento del sistema di distribuzione e l’introduzione di dinamiche competitive nel settore farmaceutico, hanno consentito di calmierare i prezzi e di generare un risparmio per i consumatori. Risparmio che però potrebbe essere ben più ampio.

Il campione
La ricerca di Federconsumatori è stata effettuata monitorando il prezzo di 24 farmaci da banco di largo consumo in 11 città capoluoghi di regione o di provincia. I punti di vendita presi in esame, in particolare, sono stati 130: 47 farmacie private, 18 farmacie comunali, 46 parafarmacie e 19 corner della salute della Gdo.

I risultati
Più che novità, si hanno conferme. Dallo studio emerge infatti che nei corner della salute presenti nella grande distribuzione organizzata la spesa media del paniere è la più bassa fra i diversi segmenti di vendita presi in esame, ed è pari a 146,18 euro, con un risparmio di circa 20 euro, cioè il -14,2%, rispetto alla spesa più elevata. Seguono le “parafarmacie” a 152,06 euro (con un risparmio medio di 12 euro pari al -8,3%) e, al top della classifica, le “farmacie”, dove il costo sale a 164,8 euro.

Processo lento
Nonostante queste certezze, la diffusione di canali alternativi a quello difeso e sostenuto dalla lobby dei farmacisti langue. A fine 2008, pur essendo cresciuto in modo significativo il loro numero nel corso dell'anno, i corner aperti all'interno delle grandi superfici della distribuzione moderna non raggiungeva le 250 unità. Anche messi insieme alle 2.350 parafarmacie esistenti sul territorio nazionale, il confronto con le 17.500 farmacie non si pone nemmeno. Tanto che la loro quota di mercato aggregata a volume si attesta al 7% e al 6% quella a valore.

Il divario dei numeri
Di più. Dei 332 milioni di confezioni di farmaci da banco acquistate dagli italiani nel 2008, quasi 310 milioni sono quelle comprate in farmacia, ma solo 12 milioni nei supermercati e 10 milioni nelle parafarmacie (nonostante queste ultime siano circa dieci volte più numerose dei corner salute).

Opportunità perdute
Non si capisce, quindi, il motivo per cui la vendita di prodotti otc all’interno di grandi superfici e parafarmacie non dovrebbe essere sostenuta e ampliata. A cominciare dai farmaci di fascia C (con obbligo di prescrizione ma non rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale). Cosa che, si stima, produrrebbe ulteriori risparmi per le famiglie italiane per circa 1,2 miliardi di euro all’anno. Ma perché non estenderla anche ai cosiddetti farmaci “equivalenti”, viste le ancora basse percentuali in Italia rispetto agli altri paesi europei. L’uso dei farmaci equivalenti su larga scala permetterebbe infatti risparmi di circa il 30% rispetto al costo di quelli “griffati”, pari a oltre 400 milioni di euro all’anno.

La soluzione
Forse, sarebbe ora di scrollarsi di dosso tutte le remore politically correct e cominciare a fare liberalizzazioni vere. A partire dalla vendita dei farmaci in grande distribuzione (abbattendo tutti quei vincoli e costi assurdi che di fatto ne stanno limitando la diffusione). Per passare ai carburanti, agli orari di apertura e a molti altri aspetti del commercio che renderebbero finalmente più libero e concorrenziale il mercato. Facendo in ultima analisi il bene dei consumatori, della distribuzione moderna e, in fondo, anche delle stesse lobbies che sperano in eterno di vivere di rendite di posizione.