L’industria (e anche la distribuzione) si prepari. Il peggio è passato, ma questa crisi lascerà un segno. Il tempo delle vacche grasse è terminato e non tornerà più. E’ questo il segnale che emerge, forte e chiaro, dai risultati di una ricerca effettuata da Astra-Demoskopea presentati nei giorni scorsi dal suo presidente, il sociologo Enrico Finzi.

Inizia l’era del basso profitto
La vera conseguenza della crisi – ha ammesso Finzi - è stata l’accelerazione verso una nuova fase dell’economia che potremmo definire low profit economy. In sostanza, i consumatori - volenti o nolenti - hanno riscoperto sobrietà, essenzialità e semplicità negli acquisti, rivalutando il vecchio value for money. Non saranno quindi più disposti a riconoscere valore a ciò che oggettivamente non lo ha. Di più. Tenderanno a pretendere la stessa qualità richiedendo un prezzo minore. Le imprese, dal canto loro, non riusciranno a comprimere i costi tanto quanto i consumatori chiedono che si riducano i prezzi.

Qualità a basso prezzo
Intendiamoci, non che in futuro non vi sia una domanda di prodotti di qualità. Anzi. Nei prossimi 10-15 anni, secondo il presidente di Astra-Demoskopea, la domanda in tal senso si rafforzerà, ma – appunto - sarà soprattutto una richiesta low price quality. Che il rapporto prezzo-qualità conti più di quanto non accadesse nel recente passato è testimoniato anche dai numeri della ricerca, effettuata nell’ultima decade di luglio di quest’anno su un campione rappresentativo della popolazione italiana. La percentuale di coloro che ritiene non più così automatico il rapporto prezzo-qualità in un prodotto acquistato ha infatti raggiunto il 60% (rispetto al 56% di un anno fa).

Consumi tra alti e bassi
In generale, evidenzia l’indagine, la stragrande maggioranza degli intervistati (il 77%) ha dichiarato di avere ridotto i propri consumi dall’inizio del 2008. Per il 20% del campione le spese sono rimaste sostanzialmente stabili e solo per un fortunato 3% della popolazione si è registrato un aumento. Al Centro-sud le cose sono andate persino peggio. Così come a soffrire di più è stato il ceto medio e la fascia d’età dei 35-44enni, rispetto a categorie quali lavoratori autonomi, dirigenti e (sorpresa) anziani. Tra le merceologie che più hanno pagato e pagano dazio vi è quella del tessile e abbigliamento. Il food ha vissuto il suo momento peggiore nei primi mesi dell’anno. Ora invece i consumi stanno tornando a crescere, tanto che si stima un aumento dello 0,6% per il 2009.

La qualità tiene
Nonostante tutto, però, non c’è stato da parte dei consumatori italiani un calo o un tracollo della qualità nei prodotti comprati. Mediamente, oltre i tre quarti degli intervistati ha dichiarato di non avere ridotto il livello qualitativo nelle proprie scelte d’acquisto. Nei generi alimentari questa percentuale sfiora addirittura il 90% (ma nel tessile e abbigliamento scende al 54%). Non solo. Il 77% del campione ha ammesso di non essere disposto a tagliare la qualità nel prossimo futuro.

La strategia dei consumatori
Come conciliare quindi queste opposte tendenze: mantenere la stessa qualità spendendo di meno? Secondo Finzi i consumatori hanno ormai individuato una strategia modulabile composta da cinque interventi: 1) rinvio degli acquisti, specie di beni durevoli; 2) diminuzione della frequenza di alcune tipologie di spesa (ristorante, cinema ecc.); 3) eliminazione di spese che si ritengono superflue o inutili; 4) rafforzamento degli acquisti intelligenti grazie a sconti e promozioni, discount, outlet, baratti, acquisti associati, per non parlare delle private label (il 63% degli intervistati dichiara di avere iniziato ad acquistare o di avere incrementato la frequenza di acquisto dei prodotti a marchio d’insegna); 5) ricorso al “modello Lego”, cioè a uno stile combinatorio che vede mescolati elementi e prodotti appartenenti a categorie di prezzo molto diverse tra loro (nell’abbigliamento, per esempio, una ordinaria maglietta sui jeans griffati).

Cosa ci aspetta

Le previsioni di Astra-Demoskopea sono agrodolci. «Per il 2010 ci aspettiamo un ulteriore calo dei consumi dello 0,6% - confessa Finzi -. Di fatto, si tornerà ai livelli di consumo pre crisi (2007 NdR) solo nel 2013. Il peggio però è passato e si può guardare al futuro con ottimismo, come peraltro evidenzia il sentiment degli italiani, il cui indice di fiducia ha ripreso a crescere negli ultimi mesi. Ma occorrerà non montarsi la testa. I consumatori non consumeranno più come prima. E le aziende dovranno cercare di ridurre i costi, rassegnandosi al fatto che non si potrà più guadagnare come in passato».