A cosa servono le carte fedeltà? Noi che viviamo con la cultura dello “Store Loyalty” lo sappiamo bene: a monitorare le tendenza al consumo dei clienti; a centrare le segmentazioni per fascia di età, sesso, professione, titolo di studio,etc. E’ una prassi normale che in fin dei conti facilità lo stimolo all’acquisto del consumatore da un lato, e dall’altro aiuta la catena di distribuzione a centrare le offerte. Però tutto ciò non è coerente con le regole della legge sulla Privacy, a meno che, ovviamente, non venga rivelato nel dettaglio l’uso dei dati provenienti dalla Carta Fedeltà.

Nei giorni scorsi è accaduto che il Garante per la protezione dei dati personali ha comminato una multa da 54 mila euro alla catena della grande distribuzione Gs perché utilizzava il programma di affilamento basato sulla carta fedeltà per inviare ai clienti pubblicità non richiesta. Gs, infatti, non aveva informato la clientela del fatto che i dati raccolti in sede di rilascio della fidelity card sarebbero stati utilizzati per analizzare i contenuti del carrello della spesa, tracciando il profilo dei consumatori per programmare campagne promozionali o inviare comunicazioni commerciali mirate.

La società, tuttavia, non si era conformata al dettato in materia di privacy neppure nel corso del procedimento, quando, pur avendo indicato sul modello per la raccolta dei dati le finalità di profilazione e di marketing, non aveva lasciato al cliente un’effettiva possibilità di scelta, ma l’aveva “obbligato” a porre un’unica firma per accettazione.

Alla luce di tale comportamento, il Garante ha comminato la sanzione ed ha intimato alla società di adattare le modalità di trattamento dei dati personali al regolamento già emanato dall’Autorità, ribadendo che il cliente deve poter ottenere la carta fedeltà senza dover necessariamente dare il consenso anche per altri trattamenti e che deve essere lasciato libero di autorizzare ogni singolo uso dei propri dati.

Carmelita Grillo