di Luca Salomone

Negozi tradizionali in forte calo, anche se non tutto va male: la considerazione scaturisce dalla ricerca di Confcommercio Città e demografia d'impresa: come è cambiato il volto delle città, dai centri storici alle periferie, negli ultimi dieci anni, presentata, l’8 febbraio a Roma, dal direttore dell’Ufficio studi della federazione, Mariano Bella e dal presidente Carlo Sangalli e svolta in collaborazione con il Centro studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne.

Solo l'Horeca si salva

Se nella rilevazione dello scorso anno, consuntivo 2022, erano quasi 100 mila le attività di vendita al dettaglio e oltre 15 mila gli ambulanti scomparsi, rispetto al 2012, l’attuale conteggio porta il gran totale del nostro Paese su cifre, rispettive, di -110 mila e di -24 mila. Come dire che, in 12 mesi, hanno ceduto le armi altri 10 mila commercianti fissi e altre 9 mila bancarelle.

Per tipo di attività si nota che sono sempre meno gli esercizi di tipo classico e tradizionale, mentre aumentano i servizi, e questo soprattutto nei centri storici.

In percentuale i commerci in sede fissa evidenziano, sempre a livello Italia, una flessione 2012/2023 del 20,3 per cento, l’ambulantato del 25,6 mentre hanno segno positivo bar, alberghi e ristoranti, con un +3,1 per cento. Ma se il confronto viene fatto sul 2019, tutti gli andamenti passano in negativo, dimostrando che la spaventosa botta del Covid è, almeno per il mondo dell’ospitalità e fuori casa, ancora in fase di rientro. Queste le variazioni 2019/2023: negozi fissi -6,7, ambulanti -19,1, Horeca -2,2.

Portando ancora più in profondità il discorso si osserva, dunque, un appesantimento della crisi per il retail e i mercati all’aperto.

Mentre la minaccia di desertificazione commerciale incombe, alloggio e ristorazione, si è detto, salvano un po’ uno scenario che potrebbe diventare squallido, guadagnando, nell’anno 2023, altre 10 mila unità circa, che sono però meno in confronto agli opening 2022.

Da notare, nel contesto, la crescita esponenziale dei bed and breakfast: +168% nel Sud e +87% nel Centro-Nord.

E anche interessante sottolineare che metà della nuova occupazione straniera nell’intera economia (+242 mila posti) viene proprio da questi settori. «Il commercio – ha detto Bella – è, infatti, la principale via di integrazione per gli stranieri».

Una puntata in centro

Spostando il focus sulle singole voci merceologiche e sui soli centri urbani (120 città, di cui 110 capoluoghi di provincia e 10 non capoluoghi popolosi) il confronto 2012/2023 evidenzia che l’alimentare, pur perdendo il 12,5 in unità, flette meno del resto dei negozi e i tabacchi ripiegano poco, del 3,4 per cento.

Veri crolli interessano, nell’ordine libri e giocattoli (-35,8), mobili e ferramenta (-33,9), vestiario e calzature (-25,8) e carburanti (-40,7), interessati tuttavia, ormai da anni, da un processo forzoso di razionalizzazione e riduzione del network distributivo.

Incrementano invece, a sorpresa, i rivenditori di computer e telefonia (+11,8), nonostante il 2023 sia stato molto problematico per i beni durevoli. Guadagnano il 12,4 per cento le farmacie, l’alloggio avanza del 42%, la ristorazione del 2,3, mentre una pesante mortalità investe, come già visto, gli ambulanti (-27,8% in centro storico).

L’analisi sulle città medio-grandi evidenzia anche una migliore tenuta delle piccole imprese collocate in periferia, forse grazie a un livello degli affitti molto più sopportabile. E questo fenomeno interessa tanto il Centro-Nord che il Mezzogiorno, fino allo scorso anno caratterizzato, invece, da una maggiore vivacità.

Nei nostri nuclei urbani, lo ribadiamo, è diventato sempre più evidente il fenomeno della desertificazione commerciale e si sono volatizzate più di 30 mila unità locali di commercio al dettaglio (ambulanti compresi), tanto che la densità è passata da 12,9 a 10,9 esercizi per mille abitanti, pari a un calo del 15,3 per cento. Un fenomeno che non dipende, se non in minima parte, dalla diminuzione della popolazione, scesa, parallelamente, solo del 2 per cento.

Secondo il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli «il commercio rimane comunque vitale e reattivo e, soprattutto, mantiene il suo valore sociale. Resta prioritario contrastare la desertificazione, con progetti di riqualificazione urbana, per mantenere servizi, vivibilità, sicurezza e attrattiva delle città. E in tale direzione vanno il progetto Cities di Confcommercio (che prevede un dialogo serrato con le Istituzioni e i cittadini per fare capire che i nuclei urbani devono essere un fulcro di rilancio economico, culturale e artistico, ndr) e la rinnovata collaborazione con Anci (Associazione nazionale dei Comuni d’Italia)».

Scendere a patti con il nemico

Sul piano strettamente economico, per arginare una situazione che potrebbe degenerare, il commercio di prossimità, ammonisce Confcommercio, non può che continuare a puntare su efficienza e produttività, anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta. E resta fondamentale l’omnicanalità, ovvero l’utilizzo anche del canale online, le cui vendite sono passate dai 17,9 miliardi del 2019 ai 35 miliardi del 2023 (+95,5% i beni e +42,2% i servizi), con l’online che nel 2023 vale ormai il 17% degli acquisti di abbigliamento e il 12% del beauty.

È, parafrasando, una sorta di "alleanza con il nemico", visto che la crescita dell’e-commerce, la principale responsabile della riduzione del numero di negozi, resta anche una grande opportunità per il commercio fisico di tipo tradizionale.